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02 Aprile 2025 - 09:13
Marine Le Pen
Tra due anni Jordan Bardella ne avrà 31 e se Marine Le Pen non riuscirà nel miracolo di poter partecipare alle presidenziali francesi del 2027, potrebbe essere il giovane di origini piemontesi – della regione italiana fucina dell’unità ma d’”elezione” anche francese – a spianarle la strada.
Come? Alle urne vince, la nomina premier, poi voto anticipato, s’invertono i ruoli e… voila, les jeux sont faits et rien ne va plus. Fantapolitica, per ora. La scelta del giudice di rendere immediatamente esecutiva la sentenza invece d’attendere l’appello - come ha invece permesso allo stesso vicepresidente del Rassemblement national, Louis Aliot - ha indignato anche molti avversari. A cominciare da Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise, il partito d’estrema sinistra.
Indignazione condivisa anche fuori dai confini della Francia: da Donald Trump a Vladimir Putin, dal premier ungherese di destra Viktor Orbàn aYanis Varoufakis, l’ex ministro greco dell’Economia nel governo Tsipras di sinistra. “Sono sbalordito, è la discesa nell’abisso del totalitarismo – la denuncia di Varoufakis– Le cose che dovrebbero essere decise nei seggi elettorali non devono essere stabilite dai tribunali. Una decisione del giudice assurda, che ricorda il caso rumeno di Calin Georgescu in Romania e di Ekrem Imamoglu in Turchia”.
Avrebbe potuto aggiungere la presidente della Gaugazia, regione autonoma tatara della Moldavia, con aspirazione a porsi nella scia separatista della Transnistria. E la lista sarebbe più lunga, a contare gli interventi contestati o contestabili con il metro della democrazia, dall’Ucraina alla Georgia e alla repubblica Srpska di Milorad Dodik. Per avere un’idea del percorso politico di Marine Le Pen basti ricordare che ha avuto il grande merito di allontanarsi dal padre Jean-Marie, leader storico della destra che non si riconosceva in quella di Charles de Gaulle.
Il ruvido ufficiale della Legione Straniera divenuto nel 1956 il più giovane deputato ‘poujadista’ all’Assemblea nazionale, non voleva che quella destra “collaborazionista” per necessità, nazional-patriottica, sovranista, restasse nel ghetto. Ma vi restò per l’accusa di aver poi accolto nelle file del suo Front National pure quella che collaborazionista non lo era stata per necessità, assieme a quanti non rimpiangevano solo l’Algeria francese ma pure l’Oas.
E per il giudizio sul genocidio nazista degli ebrei come un semplice “inciso nella storia della seconda guerra mondiale”, mentre ancora pesa tremendamente nella stessa cronaca. Attenuò col tempo il proprio estremismo. Lo conobbi e intervistai a fine inverno del 1994 e mostrava i primi segni di cambiamento, per quanto marginale. Infatti, restò tale. Macinò vittorie elettorali e seggi al parlamento e all’europarlamento.
Cinque volte candidato presidenziale, nel 2002 Jean-Marie le Pen superò il socialista Lionel Jospin, ch’era premier, e nel ballottaggio sfidò il campione dell’altra destra, Jacques Chirac. Perse ma il muro eretto da neogollisti e sinistra contro di lui aveva mostrato le prime crepe. Nel 2011lasciò il Front National in eredità – come patrimonio del clan familiare - alla figlia Marine. Qualche anno appena e alle elezioni europee del 2014 il FN si rivelò il primo partito di Francia con il 25% dei consensi. La nipote Marion le Pen venne inaspettatamente eletta vicepresidente.
Un altro anno e Marine espulse il padre: incomunicabilità politica. Onde sismiche in famiglia e all’interno della loro forza politica. Ma in quel 2015 si profilò il futuro suo Rassemblement National. Nel 2017 l’FN si confermò primo partito alle regionali. E alle presidenziali Marine arrivò al ballottaggio contro Emmanuel Macron. Un anno e il Fronte venne ribattezzato RassemblementNational.
Obiettivo a dir poco ambizioso: riunificare le destre in una sola forza politica. Ancora un anno e alle urne per le europee del 2019 il Rassemblement - alla sua guida un giovanissimo Jordan Bardella – di nuovo il partito più votato in Francia. È l’inizio di un più incisivo processo di riavvicinamento verso la destra gollista. Un movimento cauto verso una posizione piuttosto di centrodestra, che il partito già sperimentava in ambito europeo. Nelle presidenziali del 2022 Marine giunse di nuovo al ballottaggio con Macron: la sconfitta, preventivata, non nascose il valore della conquista di circa il 42% dei consensi. E alle legislative l’exploit di 89 seggi all’Assemblea nazionale.E siamo giunti all’anno scorso.
Alle urne per le europee il Rassemblement si confermava il partito più votato. Macron scioglieva il parlamento sperando che il voto anticipato segnasse la vittoria del suo partito di centrosinistra come ‘baluardo antifascista’ e un drastico ridimensionamento del partito di Marine Le Pen. Un calcolo errato. Ne aveva profittato l’estrema sinistra di Insoumise, risucchiando voti socialisti. La destra di RN assieme al gruppo scissionista neogollista l’ago della bilancia. Il resto è cronaca. E Marine una ‘tosta’…
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