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L'opinione
03 Aprile 2025 - 09:07
Sulla dotazione complessiva prevista per il Pnrr, pari a 194,4 miliardi di euro, l’Italia è riuscita a ottenere dall’Unione Europea il 63%, vale a dire 122 miliardi in sei rate. Si tratta di un primato europeo, nessuno ha fatto meglio di noi. C’è di più. I progetti attivati riguardano addirittura il 92% delle risorse disponibili, ossia 179,5 miliardi.
Tutto bene, allora? Purtroppo, se si guarda alla sostanza, le cifre cambiano colore, e quello che appare un successo rischia di tradursi in un flop. Avviare un progetto, infatti, non significa avere la certezza che vada a buon fine, soprattutto se, come del resto dovrebbe essere sempre cosa ovvia, a questa iniziativa corrisponda una dead line, vale a dire un termine di scadenza entro cui vada completata.
Ed è qui che, per l’Italia, spuntano le criticità, e sembrano tali da non potere essere risolte. La spesa effettiva per il Pnnr, a fine 2024, risultava pari a 63,9 miliardi. Un valore di appena 18,3 miliardi superiore a quello di fine 2023. Pensare che negli ultimi due anni possano essere effettuati tutti i pagamenti per 130,5 miliardi, necessari per evitare di restituire soldi al mittente, equivale a credere nel paese dei balocchi.
La differenza da colmare è così ampia da rendere meno rilevante anche un elemento contabile che potrebbe ridurla in misura non trascurabile: la burocrazia rallenta il riconoscimento dei pagamenti effetti sulla piattaforma ReGis, per cui spese già effettuate dai soggetti attuatori non vengono ufficializzate, con tutti i danni che ne conseguono in termini di ritardi per i relativi rimborsi.
È poco realistico, tuttavia, pensare a discrepanze colossali, anche perché nella sesta relazione semestrale sullo stato di attuazione del Piano vi sono tante segnalazioni sulle difficoltà insorte per la realizzazione delle opere. Anche per l’Alta Velocità, il cui completamento è così importante per il futuro del Mezzogiorno. Prendere atto di un parziale, rimarchevole insuccesso non si traduce in imputazioni di responsabilità puntuali, se non altro perché l’impostazione del Pnrr è stata fatta, in progressione e con corpose revisioni, dai due governi che hanno preceduto quello attuale.
Quello che bisogna fare è ora rimboccarsi le maniche per accelerare gli interventi per quanto possibile, contrattare con Bruxelles una soluzione che non penalizzi gli interessi dell’Italia, nonché qualificare finalmente le amministrazioni e snellire le procedure, per poter migliorare un domani i tempi di esecuzione di opere e iniziative fondamentali per la crescita del Paese.
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