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L'intervento
03 Aprile 2025 - 09:09
Ogni giorno, sotto i nostri occhi, si svolgono scene di ordinaria quotidianità cui ormai non facciamo più caso. Eppure, soffermando maggiormente l’attenzione su esse ci renderemmo conto che non hanno nulla di normale, anzi. E a fornire spunti di riflessione è proprio il traffico dove, spesso, regna sovrana l’indisciplina per giustificare la quale, quasi sempre, ci si appella ad alibi come la fretta o il ritardo che, alla prova dei fatti, però, non reggono.
Infatti, molte volte, si esce di casa con un preciso intento: portare a termine i propri adempimenti di giornata nel più breve tempo possibile. E per far ciò si ricorre a qualsiasi espediente, sovente camuffato da scaltrezza, ma che in realtà è più corretto definire scostumatezza. Prendiamo ad esempio la capacità di rispettare le file quale indice di misura del grado di civiltà di un popolo. Sotto questo aspetto, a malincuore, dobbiamo ammettere che, qui da noi, c’è ancora molto da imparare. Le file non solo non sappiamo farle, ma c’è anche una diffusa insofferenza ad accettarle e rispettarle.
C’è sempre il finto tonto che prova a guadagnare furbescamente posizioni. Ricordate “l’omino della fila” nel film di Totò “Siamo uomini o caporali”? Ecco, per molti la forma mentis è ancora quella, anzi peggio. Perché, se nel film citato era l’astuzia che consentiva al protagonista di scalare posti nella coda, nel traffico veicolare, invece, è la prepotenza a farsi beffa delle norme costituite, ovvero del Codice della Strada.
Se provassimo a guardare dall’alto lo scorrere dei veicoli ci accorgeremmo che il rispetto delle corsie non esiste, e molte volte nemmeno le strisce a terra per definirle. L’incolonnamento è uno schema che non ci appartiene. C’è sempre un veicolo fuori posto che cerca di farsi spazio, di avanzare irregolarmente nella coda. Le auto e le moto ferme nel traffico sono uno spettacolo di confusione: ognuno che cerca di farsi sempre più avanti a costo di invadere l’opposta corsia di marcia. Stessa storia agli svincoli di uscita delle strade e persino delle autostrade: al massimo sarebbe possibile formare due file, da noi se ne riescono a creare addirittura il doppio se non di più.
E se poi arriva un’autombulanza, si apre la gara a chi è il più lesto a mettersi nella scia per “fregare” tutti gli altri. La colpa non è sempre solo degli automobilisti e dei motociclisti. Anche a piedi, alla guida di una bicicletta o di un monopattino le cose non cambiano: si attraversa la strada con assoluto menefreghismo anche là dove non è consentito, mentre ciclisti spericolati sfreccianocontromano e persino sui marciapiedi, incuranti dei passanti, convinti che appartenere alla categoria della “mobilità dolce”equivalga ad una sorta di “salvacondotto”.
A peggiorare le cose ci voleva pure il telefonino, uno strumento dal quale è diventato ormai impossibile distaccarsi, quasi come una protesi, che ci rimanda continuamente altrove facendoci distogliere, così,l’attenzione dalla realtà in cui siamo fisicamente immersi. E purtroppo sulla strada questo comportamento è inammissibile, perché la distrazione può essere fatale. Ecco, è questo il nodo della questione. L’inosservanza delle regole sulla strada non è solo una deprecabile condotta incivile, un mero illecito da sanzionare, ma è qualcosa di molto più grave: si tratta di un vero e proprio attentato all’incolumità ed alla vita, propria ed altrui.
Di ciò, purtroppo, non c’è ancora sufficiente consapevolezza, ed è per questo motivo che noi, come Aci, andiamo continuamente promuovendo la “mobilità responsabile” che coniuga il diritto alla mobilità con il dovere, appunto, della responsabilità che significa rispetto delle regole, del prossimo, dell’ambiente e, soprattutto, della vita. Questa è la battaglia di legalità che dobbiamo assolutamente vincere per evitare che le nostre strade continuino ad essere funestate da tragedie tutt’altro che ineluttabili. Purtroppo, però, è un traguardo ancora lontano.
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