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L'intervento

La Turchia tra diplomazia offensiva e realpolitik

La Turchia si posiziona oggi come protagonista di un complesso gioco geopolitico nel Medio Oriente

La Turchia tra diplomazia offensiva e realpolitik

Erdogan

La Turchia si posiziona oggi come protagonista di un complesso gioco geopolitico nel Medio Oriente. Il governo di Erdogan, infatti, ha avuto e continua ad avere la capacità di combinare abilmente tradizione neo-ottomana e pragmatismo moderno per garantirsi un ruolo determinante negli equilibri regionali.

Situata strategicamente tra Europa, Asia e Medio Oriente, Ankara continua a sfruttare questa posizione privilegiata per tessere una rete di relazioni estremamente diversificate che le consentono di massimizzare la propria influenza in un contesto regionale in continua evoluzione. La politica estera turca si distingue proprio per una voluta, marcata ambivalenza che permette al paese di operare simultaneamente e con notevoli risultati su più fronti. Ankara mantiene il suo status di membro NATO e partner dell’“Occidente”, ma contemporaneamente agisce come potenza regionale autonoma, intrattenendo a vari livelli anche rapporti con attori come l'Iran e sostenendo pure, nei momenti di crisi, organizzazioni come Hamas o le milizie integraliste che sono ora al potere in Siria, dopo la caduta del governo laico di Assad e del partito Baath.

Questa duplicitàrelazionale non rappresenta una debolezza strategica, ma piuttosto un deliberato approccio per amplificare spregiudicatamente l'influenza geopolitica turca. Il governo di Erdogan continua a dimostrare una notevole abilità nel bilanciare interessi contrastanti e nel modulare le proprie alleanze in base alle circostanze e all’utilità che potrebbe ricavarne. Le operazioni militari nei territori confinanti e una retorica spesso ambivalente, a seconda delle circostanze e del relativo “ritorno” in termini geopolitici, sono oramai diventati strumenti funzionali a consolidare il ruolo di mediatore che quella nazione vuole svolgere in una regione dove le tradizionali alleanze sonosempre più fluide e in rapida trasformazione. 

Attraverso questa strategia, Ankara riesce a ritagliarsi spazi di manovra significativi in un contesto altrimenti dominato soltanto dalle tradizionali potenze globali. Un elemento centrale della strategia turca è rappresentato, poi, dalla crescente attenzione verso il controllo dei corridoi energetici. Il "Corridoio dello Sviluppo", progetto che mira a collegare il porto di Mersin, sulla costa mediterranea, con Bassora,nel sud dell'Iraq, riflette questa visione. L'infrastruttura servirà, nei piani turchi, non soltanto afacilitare gli scambi commerciali, ma anche e soprattutto a rafforzare il controllo turco sulle rotte strategiche per il transito di gas e petrolio.

La dipendenza energetica rappresenta, infatti, una vulnerabilità significativa per la Turchia, che importa oltre il 99% del gas naturale e circa il 93% del petrolio necessari al proprio fabbisogno. Proprio questa debolezza ha spinto Ankara a trasformare la propria posizione geografica in vantaggio strategico, puntando a diventare un hub energetico regionale. Le dispute per le acque territoriali nel Mediterraneo orientale, ad esempio, evidenziano l'importanza che la Turchia attribuisce al controllo delle risorse energetiche “offshore”, mentre, appunto, la recente decisione di puntare a creare un hub energetico in Tracia Orientale, una delle regioni con maggiore presenza di infrastrutture per il gas, si inserisce perfettamente in questa strategia.

Questo progetto, emerso nel contesto della crisi russo-ucraina, mira a riaffermare la centralità di Ankara nel “corridoio” meridionale del gas, procedendo in parallelo conl'idea russa di riorientare i propri flussi di gas verso il Mar Nero e il Mediterraneo. Le strategie turche si fondano, insomma, suun delicato equilibrio tra diplomazia offensiva e realpolitik, sfruttando ogni possibilità ed ogni spiraglio di ingerenza politica, senza nulla lasciare al caso. E infatti gli analisti internazionali evidenziano oramai da tempo come, attraverso accordi multilaterali e investimenti infrastrutturali, Ankara riesca abilmente a sfruttare ogni opportunità per rinegoziarecontinuamente i rapporti di forzaa proprio vantaggio. In questo contesto, i corridoi energetici non rappresentano, dunque,soltanto vie per il commercio, ma sono autentici pilastri del potere geopolitico turco e il lorocontrollo costituisce un elemento imprescindibile di questa strategia, trasformando potenziali vulnerabilità in vantaggi competitivi.

In un contesto internazionale che è sempre più dinamico e imprevedibile, ogni mossa di Ankara è quindi calibrata per preservare e accrescere la propria posizione regionale e la Turchia finisce per incarnare una visione ambiziosa che va anche oltre lo scacchiere mediorientale, proiettandosi vero il mediterraneo e in tutta la vastissima area “turcofona” che arriva sino all’Asia centrale. In un mondo sempre più multipolare, una pragmaticavisione geopolitica diventa insomma, che piaccia o meno, la chiave di volta per consolidare la propria posizione internazionale, difendere i propri interessi nellanaturale competizione tra nazioni e, soprattutto, per reggere il confronto con le superpotenze di sempre e con i nuovi equilibriche il mondo contemporaneo sta partorendo.

Un motivo in più per riflettere e per comprendere meglio quanto sia saggio, in questo momento, muoversi come l’Italia ed il governo Meloni stanno facendo sullo scacchiere internazionale - auspicando ilcoinvolgimento nel ” Piano Mattei” di altri paesi, sviluppando il concetto di “Mediterraneo allargato” emantenendo solidi legami con la nuova amministrazione statunitense - e quanto stia diventando, invece, sempre piùasfittica, contraddittoria e velleitaria la politica dell’Unione Europea nel suo complesso e pericolosa, per gli equilibri internazionali, la supponenza politico-ideologica di alcuni governi del Vecchio Continente. 

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