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L'analisi

Centrosinistra nel frullatore: non era un pesce d’Aprile

È tempo che la sinistra si interroghi a cominciare dal passato

Centrosinistra nel frullatore: non era un pesce d’Aprile

Elly Schlein e Giuseppe Conte

Mercoledi scorso 2 aprile 2025 - festa di San Francesco di Paola - l’eremita santo, che spese la sua vita per i poveri e gl’indifesi da rifiutare sprezzantemente i doni di Re Ferrante d’Aragona, perché questi li avversava - è una data destinata, quest’anno, a pesare nella storia del Pd. In modo particolare in quella, già in bilico e tormentata, della leadership se di “Elly Spot” e della sinistra alleata, come la peggiore degli ultimi anni.

A renderla tale, non v’è un dossier scottante, di segreti inconfessabili, meno che meno di intercettazioni compromettenti e da ricatto o di altre perverse trame. Stavolta a scottare è un severo articolo di Fabrizio Roncone, una delle firme più prestigiose del “Corriere della Sera”, in cui si mettono a nudo, in maniera impietosa, le contraddizioni, i velleitarismi del Pd sotto un titolo molto significativo: “Da Strasburgo a Ventotene: baruffe , gaffe e dadaismo. Il centrosinistra nel frullatore”.

Attraverso una cronaca rigorosa di oggettivi riscontri e di acute valutazioni, sono elencate giravolte, inadeguatezze di uno schieramento confuso e incerto. Che si candida come alternativa al governo di centrodestra, senza uno “straccio” di programma, indispensabile già nel proporsi, per di più disunito su tutto e unito solo nel denigrare realtà, meritevoli di ben altri giudizi. Roncone descrive, come meglio non si poteva, la permanente prova d’orchestra tra la Schlein e il sempre più stonato coro sinistrorso: uno spettacolo, emerso fortemente in quest’ultimo mese, da “casino ”, per usare lo stesso linguaggio dell’articolista.

Tra “votazioni laceranti, lacrime nell’aula di Montecitorio, sghignazzi, gravi gaffe di un ex premier e di certi capi e capetti, gli smarrimenti di leader dadaisti (cioè provocatori), attestati sul 2%. Il tutto corredato da un elenco di ipocrisie e di doppiezze insopportabili, in cui figurano privilegi residenziali, come abitare, vivere in quartieri esclusivi sotto ogni profilo e poi mischiarsi, da rivoltosi, nelle piazze delle rivendicazioni e delle proteste sociali.

Dove “sono sempre più rari i giovani e introvabili gli operai ma c’è la Milano chic”… a difenderli. Un aspetto questo, molto serio, che, dopo la sconfitta elettorale del Pd, alle Politiche del settembre del 2022 , fece dire a Gianni Cuperlo, al mite presidente della Fondazione del Partito Democratico, in una sorta di “mea culpa”: “Siamo sulle scatole a una parte della società italiana, ci votano solo i ricchi: si è spezzato un rapporto di fiducia, da 16 anni non abbiamo vinto le elezioni e per 10 anni siamo stati al governo trasmettendo la percezione di un partito di “establishment”.

È forse cambiato qualcosa? Sicuramente in peggio con la Schlein e Conte, la cui politica si è ridotta a un buffo ciclico minuetto, replicato anche alla vigilia del corteo anti riarmo: “Caro, se vengo in piazza con te, mi si nota? O mi si nota di più, se non vengo?”. Il cambiamento c’è, solo nel guardaroba. Una volta un racconto giornalistico di costruttiva severità, come questo di Fabrizio Roncone, avrebbe fatto sobbalzare i vertici del partito, e messo in moto “ad horas” i meccanismi procedurali per spiegare, capire, confutare addebiti e giudizi.

Ora su questo silenzio non c’è altro da dire: quell’articolo non era un pesce d’aprile! È tempo che la sinistra si interroghi a cominciare dal passato. L’impoverimento culturale, seguito alla fine del comunismo, con le obbligate trasformazioni del Pci, prima in Pds, poi Ds - scriveva anni fa un autorevole politologo Antonio Landolfi - ha generato un contenitore sempre più svuotato di criteri ideologici, di quei contenuti ideologici trascorsi - dei quali restavano soltanto alcun spezzoni - in cui si sono poi innestate le correnti più disparate, alla ricerca di una collocazione politica.

Dal post-sessantottismo al fondamentalismo femminista, al neo massimalismo populista e persino ad alcune correnti liberaldemocratiche di stampo radicale: il conseguente crogiuolo delle appartenenze, private da ogni possibilità di omologazione dal dissolversi del tradizionale collante marxista e il problema delle loro alleanze furono affrontato dal partito, catalizzando attorno a sé, e sotto la propria egemonia, spezzoni dei varisettori cattolici, laici, socialisti. Ma allora la sinistra aveva i leader, oggi c’è solo la loro parodia a spiegare questa confusione. 

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