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La tiktoker in piazza, i rischi per la democrazia

Quando Rita De Crescenzo annuncia da una piazza romana la sua intenzione di “fare qualcosina” in politica, le reazioni si dividono tra l’ironia e l’applauso

La tiktoker in piazza, i rischi per la democrazia

Rita De Crescenzo

Quando Rita De Crescenzo, volto molto controverso e seguitissimo del web, annuncia da una piazza romana – durante una manifestazione contro il riarmo europeo – la sua intenzione di “fare qualcosina” in politica, le reazioni si dividono tra l’ironia e l’applauso.

C’è chi ride liquidando la vicenda come folklore social e chi, al contrario, legittima la sua aspirazione in nome di quel principio secondo cui “uno vale uno” svuotato da tempo del suo significato originario. Che tipo di accesso alla sfera pubblica stiamo ormai normalizzando?

La possibilità di candidarsi è e deve rimanere un diritto garantito a chiunque. Ma il punto non è la libertà individuale di partecipare alla vita politica. La questione è il modo in cui questa partecipazione prende forma: con quali strumenti e in nome di quali competenze e visioni. Il passaggio di figure note dal mondo dello spettacolo, dello sport o della televisione alla cosa pubblica non è una novità nella storia politica recente.

Tuttavia, la soglia di accesso si è radicalmente abbassata. Oggi non serve più una lunga militanza, né una visione strutturata della società o un progetto politico coerente. In molti casi, infatti, basta un’identità digitale consolidata, un linguaggio familiare al pubblico e, soprattutto, un buon posizionamento nei flussi degli algoritmi. La legittimazione non nasce più dal confronto con un elettorato reale.

Cuoricini, condivisioni e commenti sono diventati il nuovo metro del consenso. Non si tratta di snobismo nè lontanamente della difesa di una classe politica sempre più autoreferenziale. Il nodo è ben più serio: riguarda il senso della responsabilità pubblica. In un contesto segnato da disuguaglianze profonde, da una crescente povertà educativa e culturale e da territori (come la stessa Campania) che chiedono risposte strutturali e durature, la politica non può diventare il laboratorio di chi cerca una nuova identità personale, magari anche in fuga dal proprio passato giudiziario.

La politica non è una occasione di immagine. È, o dovrebbe essere, una occasione di servizio. Il rischio vero non è che Rita De Crescenzo si candidi. Il rischio è che nessuno si senta più in dovere di interrogarsi sul perché lo faccia, su come si stia preparando e, soprattutto, su quale idea di futuro intenda rappresentare.

Se la politica smette di essere una costruzione collettiva, fondata sul confronto e sulla progettualità, ma diventa semplicemente l’eco di chiunque abbia seguito online si perde il senso stesso di cittadinanza, inteso come orizzonte comune e come patto tra chi rappresenta e chi è rappresentato. Ed è su questo crinale, fragile ma decisivo, che oggi si gioca una parte importante della nostra democrazia.

*Vicepresidente del Consiglio Comunale di Napoli

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