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25 Aprile 2025 - 09:43
I dati Eurostat per il 2024 confermano una condizione di notevole disagio di ampia parte del Mezzogiorno d’Italia sul fronte del lavoro. Campania (45,4%), Calabria (44,8%) e Sicilia (46,8%) sono tra le quattro regioni peggiori dell'Unione Europea per tasso di occupazione. I dati, che si riferiscono alla fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ci dicono che peggio delle tre regioni meridionali fa solo un territorio d'oltremare, la Guyana francese(42,4%). Se poi si escludono i territori d'oltremare, le ultime quattro nellaclassifica dell’Unione Europea risultanotutte del Mezzogiorno, con la Puglia aoccupare il quartultimo posto. Il segmento che più determina l’arretratezza meridionale è l’occupazione femminile, il cui tasso giunge a essere inferiore a un terzo del totale.
Ed è proprio la carenza del lavoro delle donne del Sud a far sì che l’Italia (per la fascia tra i 20 e i 64 anni) faccia registrare un tasso di occupazione femminile (57,4%) inferiore di oltre tredici punti alla media Ue (70,8%). In ogni caso, la realtà sociale espressa numericamente dalle rilevazioni Eurostat impone misura e senso delle proporzioni, quando si dà evidenza ai segnali positivi che il Sud ha lanciato in questi anni, come gli incrementi percentuali di pil, occupati e dello stesso export superiori alle medienazionali.
Siamo, infatti, solo a primi indicatori di un percorso di crescita, il cui cammino per la gran parte resta da fare. Una delle direttrici di marcia da privilegiare è rappresentata certamente dall’innalzamento dei livelli medi di istruzione. Lo dimostrano i dati sul lavoro dei laureati, più vicini agli standard europei rispetto a quelli dei diplomati delle medie superiori e della terza media. Occorre inoltre che la formazione si indirizzi di più verso le materie Stem, quelle a indirizzo scientifico, perché l’innovazione tecnologica richiede figure in possesso di cognizioni tecnico specialistiche, pur senza precludere spazi per chi abbia attitudini verso i programmiumanistici. Vi sono, peraltro, opportunità da implementare anche per i giovani che, non avendo propensione per lo studio, desiderino imparare un mestiere.
Basterebbe sostenere maggiormente i cosiddetti maestri di bottega, nelle spese per la formazione degli apprendisti, per assicurare a tantissime produzioni d’eccellenza un futuro degno del prestigioso passato. Occorre, al riguardo, che le Istituzioni acquisiscano consapevolezza che un investimento pubblico circoscritto può essere più che compensato dalla crescita di base imponibile che ne deriverebbe.
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