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America e doppio fallimento: i dazi sballati e la resa a Putin

Le guerre, specie quando uno Stato aggredisce un altro, non risolvono ma estremizzano le posizioni

America e doppio fallimento: i dazi sballati e la resa a Putin

Trump e Zelensky

Le guerre, specie quando uno Stato aggredisce un altro, non risolvono ma estremizzano le posizioni. L’invocata pace tra Mosca e Kiev non sembra, così, per niente vicina. La via diplomatica non sta aprendo squarci apprezzabili. E se si volesse parlare di “pendolo” si dovrebbe dire che si muove di più a vantaggio di Putin.

Il 28 febbraio alla Casa Bianca non si svolse un incontro, ma un agguato a Zelensky che Presidente Usa e Vice allontanarono con modi furiosi. Qualche speranza dopo il testa a testa (seduti così vicini che le fronti si toccavano) di Trump e Zelensky al centro della basilica di San Pietro, poco prima dei funerali di Papa Francesco.

Alle prese con i sommovimenti dei dazi e il malcontento in molti Stati, Trump manda a Putin il messaggio: “Ferma la guerra, non prendermi in giro, non continuare a lanciare droni e missili contro i civili”. La risposta è nelle impietose azioni di chi comanda al Cremlino, nella quantità di droni e missili sui territori ucraini capitale Kiev compresa.

* Durante la preparazione del viaggio a Washington, a Giorgia Meloni è parso di sentirsi nei panni di un “underdog”, di chi in una competizione elettorale parte sfavorito e poi riesce a ribaltare il risultato. L’atmosfera non era delle migliori con una tensione molto alta per lo scompiglio che Trump aveva determinato con i suoi dazi azzardati che colpivano borse finanziarie e mercati di scambio di oltre mezzo mondo.

Alla Casa Bianca la premier è stata accolta con molto onore, sentendosi definire dal potente ospite, una “persona eccezionale”, una “dei veri leader del mondo”. A lei si è subito aggrappato il 47 esimo Presidente Usa per riagganciare l’Europa dopo le infelici definizioni degli europei “parassiti e sfruttatori”. Ma come saranno regolamentati, nel più breve tempo, i rapporti commerciali Italia-America? E con la Cina, un interlocutore molto rigido, come finirà?

* GUERRA IN UCRAINA. Su questa lacerante vicenda viene fuori tutta la non affidabilità di Trump e dei suoi principali collaboratori. Durante la campagna per la conquista del secondo mandato non s’era risparmiato nel garantire che, appena eletto, avrebbe posto fine al micidiale scontro. Sarebbero bastati pochi giorni. Ora non si parla più di un termine. Anzi, di fronte a massacri come quello del 13 aprile a Sumy, si fa propria la puerile difesa di Putin (“è stato un errore ma lì c’erano asserragliati pericolosi terroristi”).

Subito dopo c’è di peggio. Sbotta Trump: ”Questa guerra non è nostra, tutta colpa di Biden e Zelensky”. E poi: ”Se Mosca e Kiev si comportano male, noi ce ne andiamo”. Di fronte alla coerente posizione di Giorgia Meloni per una pace “giusta e duratura”, non si risponde e si svicola. Anche il vicepresidente Vance, in visita di Stato a Roma, ha preferitoparlare quasi esclusivamente di rapporti commerciali. A sua volta è il segretario di Stato Marco Rubio a chiudere ogni discorso: ”Gli Stati Uniti dovranno abbandonare i loro sforzi e voltare pagina”.Poteva esserci una resa a Putin più esplicita, più penosa e mortificante? Nelle ultime ore, comunque, nuova uscita, un po' più nervosa, di Trump che ne ha per tutti e due i “contendenti”. Ultimatum a Zelensky: ”Scegli la pace o perderai tutto..! Duro richiamo a Putin: ”Ora basta, stop bombardamenti, la Russia non si sta preparando alla pace”.

* LA “TREGUA” DELLE TRENTA ORE. La ricorrenza della Pasqua aveva indotto Putin a proclamare unilateralmente la sospensione dei bombardamenti quasi imponendo a Zelensky di fare altrettanto (risposta: ma deve essere una cosa seria, non come quella che si decise alcune settimane prima e che vide addiritturapiù accaniti e moltiplicati i bombardamenti e le distruzioni da parte di Mosca, tra cui il massacro di Sumy durante la domenica delle Palme che celebrava la Passione del Signore). La nuova “tregua”, così effimera e inosservata, doveva cadere nel giorno delle due Pasque, la ortodossa e la cattolica.

Avvio di incontri più produttivi, sul piano internazionale, per liberare l’Ucraina dall’incombente presenza dello spietato aggressore? No. Una “tregua” da miserevole farsa perché quantità impressionanti di droni (387) hanno continuato a girare nel cielo dell’Ucraina con nuove vittime e distruzioni. L’unico atto, molto apprezzato nelle ultime ore, lo scambio di 500 prigionieri.

* TRUMP A ROMA IN GIUGNO. L’invito della premier Meloni è stato raccolto subito anche perché formulato a nome dei 27 Stati che compongono l’Unione europea, con l’aggiunta dell’Inghilterra molto impegnata nella difesa di Kiev. Matureranno le condizioni per un rapporto stabile fra Roma, Bruxelles e Washington? Da una parte c’è un Trump tutto preso dal proposito di fare la “grande America”; dall’altra la Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni sempre più insieme per difendere autonomia, civiltà e valori occidentali.

Tutto dipende dal grado di fiducia reciproca che verrà sùbito instaurato. Nell’incontro dello Studio Ovale, non è mancato perfino un momento di cordialità fantascientifica, e un po' onirica, quando Trump e Giorgia hanno preso anche un impegno molto metafisico e futuristico: quello di “lavorare insieme” per andare (insieme?) su Marte….

* IL MEGA PRESIDENTE PERDE TERRENO. Trump verrebbe a Roma profittando che Giorgia Meloni gli ha fatto da “ponte” con l’Europa. Ma a casa sua aumentano le manifestazioni che lo contestano: oltre 1.200 negli States, che hanno mobilitato oltre 5 milioni di persone. ”Giù le mani” si è urlato, contro lo smantellamento delle istituzioni. Destinatari della protesta anche gli “alleati miliardari” del 47esimo Presidente. Si punterebbe, ora, a formare un Movimento in grado di agire come forza politica autonomamente organizzata.

* UNIVERSITÀ IN RIVOLTA. Forte la tensione ad Harvard dove Trump minaccia di congelare tutte le sovvenzioni se non gli sarà consentito di controllare preventivamente gli orientamenti politici degli studenti che chiedono l’ammissione alle varie disciplineformative. Il Presidente scade nella polemica triviale: ”Harvard sforna cervelli di gallina e non merita i fondi pubblici”.

Di contro,uno degli Atenei più prestigiosi sul piano internazionale replicaribadendo che non intende rinunciare alla propria indipendenza,né ai diritti costituzionalmente garantiti. In campo anche l’ateneo Columbia di New York: subirà un taglio di 400 milioni di dollari se non ridurrà la libertà di espressione e di protesta da parte di docenti e studenti. Anche qui un muro contro le intromissioni trumpiane: ben 1800 collegi universitari le considerano nuove, stravolgenti espressioni dell’animosità che la parte della societàmeno evoluta culturalmente, ha sempre nutrito “contro il mondo della cultura e della scienza”.

* A MASTELLONI NO, A DE LORENZO SÌ. Nonsenso italiano. Dopo oltre 60 anni di intensa attività passando dall’avanspettacolo al teatro leggero, dalla canzone classica napoletana al repertorio drammatico, Leopoldo Mastelloni si è ritrovato a vivere con una pensione di 1.200 euro mensili. Ora che sta per compiere 80 anni,si rende conto di non poter resistere più al di sotto della soglia disopravvivenza.

Invece di compiere atti disperati e “irreversibili”, ha chiesto il sussidio dello Stato previsto dalla legge Bacchelli che soccorre, appunto, i personaggi che, pur avendo dato gran conto di sé, si ritrovano nell’indigenza. Ebbene, la sua richiesta non è stata accolta. In questi giorni invece –incredibilia sed vera- apprendiamo che “torna il vitalizio per Franco De Lorenzo”. Già ministro della Salute (soprannominato “Sua Sanità”) l’esponente liberale era finito in carcere, trent’anni fa, ”per avere intascato una mazzetta di 7 miliardi di lire”. Precipitato nell’indigenza?

Difficile pensarlo. Ecco una ulteriore circostanza imbarazzante: la Camera riassegna questo vitalizio proprio mentre Deputati e Senatori commemorano Papa Francesco. Il Papa che, arrivato a Roma “dalla fine del mondo”, a Scampia aveva gridato che la corruzione politica “spuzza”, con la “s” davanti al verbo per sottolineare ancora di più quanto questa corruzione politica schifosamente male odora. 

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