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LETTERA AI LETTORI

Dal black out alla civiltà fragile e antisemita

Mentre mi apprestavo a commentare due casi allarmanti di antisemitismo, è accaduto il misterioso cataclisma della sparizione della corrente elettrica in tutta la penisola iberica e nella Francia sudorientale

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Cari amici lettori, mentre mi apprestavo a commentare due casi allarmanti di antisemitismo, è accaduto il misterioso cataclisma della sparizione della corrente elettrica in tutta la penisola iberica e nella Francia sudorientale. Un fenomeno ancora oscuro, poiché potrebbe essere conseguenza di un megahackeraggio oppure di un fenomeno atmosferico.

Sarebbe ovviamente preferibile la prima soluzione poiché, nascendo da un’attività umana, un episodio di guerra tecnologica, sotto attacco non potrebbe essere il mondo intero e, in ogni modo, risulterebbero più facili le opere di difesa e di restauro. Se invece è la natura a ribellarsi all’invasività di questa forma di civiltà, sarà la natura a prevalere.

Il problema è che, rispetto a tempi non remoti come quello in cui ho vissuto da giovane, la tecnologia è esageratamente invasiva nella vita quotidiana. Durante la seconda guerra mondiale ci si poteva illuminare con lampade ad acetilene e con candele, i cibi si conservavano in dispensa e in cantina, panni e piatti si lavavano a mano e si trasmettevano solo voci, non immagini. Se la natura rifiutasse le energie artificiali, la società si estinguerebbe in un mare di sangue.

I pochi sopravvissuti dovranno ricominciare daccapo e, probabilmente, sarebbe di nuovo vietato l’uso dei metalli. Noi non possiamo sapere quante età della pietra ha conosciuto la preistoria. L'uomo non civilizzato, in ogni modo, era più forte e più capace di affrontare il mondo esterno.

E, infine, cosa faranno i ragazzi, che non giocano più a pallone, a carte, a nascondino, a scassaquindici e via dicendo, dovendo usare i telefonini solo per telefonare? Solo spararsi, accoltellarsi o ammazzarsi di botte? Torniamo all’antisemitismo. Tutti sapete degli assurdi attacchi alla senatrice a vita Liliana Segre, una degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz.

Non occorre quindi spendere molte parole contro quei farabutti che l’hanno insultata nel social e nelle strade. Alcuni di quegli esseri indegni devono essere oltretutto ignoranti oltre misura (e nazisti) se chiamano nazista (!?!) proprio la Segre. Non siete, forse, informati di quel che è successo a Tallinn, in Estonia.

Lì si sono svolti i campionati europei di scherma under ventitré e la gara è stata vinta dagli spadisti israeliani, avanti agli svizzeri e agli italiani. Gli atleti di queste tre squadre erano sul podio per la premiazione: quando è stato suonato l’inno dei vincitori, israeliani e italiani, come di regola, si sono girati per fronteggiare l’orchestra, ma gli svizzeri sono rimasti di spalle.

Un vero e proprio insulto, particolarmente indecente. Queste invasioni della politica nello sport, mi potreste dire, non sono nuove. Ma un conto è il pur riprovevole comportamento degli atleti islamici, che si ritirano per non competere con gli ebrei; un altro è il ben più grave e inconsueto atteggiamento degli svizzeri.

Costoro, peraltro, non si chiamano Alì, Muhammad o Abu qualcosa, ma (in ordine alfabetico) Theo Brochard, Jonathan Fuhrlmann, Jan Hauri e Sven Vineis. Nomi che indicano una provenienza europea e non arabosemitica. La foto che immortala il comportamento di costoro provoca disgusto in chiunque creda nei valori dello sport. Io mi augurerei che la federazione elvetica vieti per sempre a questi personaggi di entrare in una sala di scherma. Ma non sarà così: quelli là se la passeranno liscia o avranno un’ammonizione; un buffetto sulla spalla, insomma. 

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