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lettera al direttore
15 Maggio 2025 - 09:50
Papa Leone XIV
Gentile Direttore, più che ai servizi televisivi dedicati alle atroci guerre in atto, oggi si assiste a trasmissioni, intrattenimenti, “talkshow” e così via, su chi è Papa Leone XIV, al tempo secolare l’ex cardinale Robert Francis Prevost, statunitense, ma anche molto “sudamericano” per la sua lunga missione in Perù. C’è una sorta di mania a chi la “spara” più a sproposito sulla figura del nuovo Papa, sulla sua genesi, formazione, inclinazione, e così via. Si fanno anche dibattiti sull’esegesi delle parole pronunciate dal Pontefice, specialmente quando parla della pace, come se nella nostra religione fosse contemplata la guerra, specie quella che viene scatenata da una Nazione che invade l’altra per pura bramosia di potere.
Si parla di “guerra giusta” e di quella “ingiusta”, come se una guerra, qualsiasi essa sia, avesse le “stimmate” di una qualsivoglia spiegazione. Ognuno, poi, specie dai politici, ma anche degli stessi giornalisti, apertamente schierati in certe trasmissioni televisive “unidirezionali” , si vuole “intestare” il concetto del Papa come affine al suo, quindi politicamente indirizzato. In questi giorni mi è sembrato di rivivere il vecchio film con il grande Totò che impersonava un povero capo-stazione di Piovarolo, località così detta perché ivi pioveva sempre, dove autorità politiche di diversi schieramenti, lì fermi per una presunta frana, fanno a gara di “intestarsi” una frase di Garibaldi.
A Piovarolo è in punto di morte il vecchio trombettiere di Garibaldi, Ernesto; il deputato socialista Marcello Gorini, fermo per la presunta frana che ostruisce il percorso del treno fino a Roma, chiede al capo-stazione di far sottoscrivere al moribondo un attestato in cui Ernesto ha sentito dire a Garibaldi “qui si fa l’Italia socialista o si muore”. Il resto lo lascio alla memoria degli amici lettori che hanno visto, almeno una volta, i film del “Principe della risata”. Totò non faceva solo ridere a crepapelle, ma anticipava con battute ironiche e tante volte anche tristi i tempi che avremmo vissuto. Lo “spaccato” del “ Vota Antonio, vota Antonio”, con il rifiuto finale di fargli pronunciare dal palco un discorso fatto solo di promesse, non è nell’attualità dei tempi d’oggi?
E il famoso “Principe di Capri”, dove è ospite di una famiglia “chic” e l’esibizione di quadri della novella cultura “modernista” , gli procura l’effetto di far provare in un occhio dell’autore del dipinto l’urto e il sapore della propria saliva? Non vi sembra l’esibizione di certa cultura “chic” nostrana che si abbandona ad elucubrazioni interpretabili solo da una novella “Sibilla Cumana”? Ecco, Direttore, dico con franchezza che non sopporto, da chiunque provenga, questa forma di esegesi che si vuole dare al messaggio di Leone XIV. Che la provenienza e gli Ordini di appartenenza dei Papi abbiano avuto una influenza cognitiva, formativa, ed intellettiva è nello spirito naturale delle cose. È pur vero, però, che, si creda o non si creda all’incidenza dello “Spirito Santo”, una volta divenuti papi, che vuol dire essere a capo di una comunità spirituale di un miliardo e mezzo di persone, ma anche capo di una complessa “macchina terrena” che deve funzionare se vuole diffondere nel mondo la “lieta novella”, l’Evangelo, appunto, non si ispira solo ai Santi nel cui nome si è formato, ma alle necessità dell’anima e della vita terrena del proprio “gregge”.
Oggi ci accorgiamo ancora di più quanto abbia seminato e rappresentato Papa Francesco. Di cultura e formazione “gesuitica” avrebbe dato ai sedicenti “intellettuali” nostrani materia di vero approfondimento. Egli apparteneva, come si sa,all’Ordine di un Santo, Ignazio di Loyola, già dei secoli “moderni”, parlando del 150. Gli Agostiniani, invece, si ispirano alla dottrina di una Chiesa ancora “in nuce”, cioè da costruire, com’è quella del Padre della Chiesa Sant’Agostino d’Ippona, città del Nordafrica, del IV secolo. Mentre gli Agostiniani hanno come punto cardinale il vivere in comunità, come avveniva nelle prime riunioni cristiane a Gerusalemme, puntando anche alla libertà spirituale dei singoli appartenenti alla comunità stessa, in una perfetta sintesi tra vita interiore, comunità e servizio, con una particolare attenzione all’equilibrio tra “regola” e “ libertà personale”, i Gesuiti sono per “l’obbedienza assoluta”, con la rinuncia al senso critico personale.
Ma la spiritualità gesuita è caratterizzata anche da una marcata propensione all’azione nel mondo. Non a caso si deve a loro una spiccata propensione alla cultura ed all’insegnamento nelle scuole e Università, fondate da loro nei secoli in cui il potere secolare, dominato da monarchie assolutiste, non pensava minimamente di acculturare il popolo, per evitare che il “sapere” inquinasse il loro predominio fondato su una “cultura“ solo rurale. Che farà, allora, Papa Leone XIV? Con due impostazioni seminaristiche così distanti tra loro, proseguirà il lavoro ecumenico di Papa Francesco e della stessa riforma della Chiesa? È, comunque, certamente univoca una loro missione, che è, poi, quella di Cristo sulla Croce: “Pace nel mondo e agli uomini di buona volontà”. Non è una regola di sinistra o di destra: è una regola universale che molti fanno fatica a praticare.
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