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Lettera al direttore

Il “Maradona” in attesa di scrivere una nuova storia

Ho avuto l’onore ed anche l’onere di essere parte attiva nei primi scudetti del Napoli

Il “Maradona” in attesa di scrivere una nuova storia

Gentile Direttore, domani, si spera, sarà posta “fine” al sofferto, ma agognato scudetto del Napoli. Solo due casi potrebbero condizionare questa mia certezza: che il Napoli perda in casa con il Cagliari e l’Inter vinca con il Como; oppure, che il Napoli perda e l’Inter pareggi, portando, così, l’assegnazione dello scudetto ad una finalissima nell’Olimpico di Roma.

I Latini avrebbero appellato queste due ipotesi, scaramanticamente fatte, “ipotesi del terzo tipo”, cioè quelle che si formavano con il verbo congiuntivo trapassato nella frase introdotta da sé e con il condizionale composto nella frase principale. Il riferimento è a una condizione passata impossibile e alle sue conseguenze passate non più realizzate: in sostanza, ritornando al nostro argomento, è come dire: se l’Inter avesse avuto un punto in più e non in meno, avrebbe vinto al 90% lo scudetto!”.

Classica ipotesi del “terzo tipo! Ho avuto l’onore ed anche l’onere di essere“ parte attiva nei primi scudetti del Napoli; all’epoca ero assessore comunale, prima al Personale con il primo scudetto; poi, addirittura allo Sport con il secondo scudetto. Lascio immaginare quanta emozione e quanti ricordi suscitano in me ancora questi giorni della “vigilia”.

Andavo con mio figlio Carlo, ancora piccoletto, negli spogliatoi del Napoli e mi beavo della presenza di Maradona, Careca, Alemao, Baroni, Garella, De Napoli, Mauro, Crippa, Ferrara, Zola, Venturin, Corradini, Albertino Bigon allenatore, Ferlaino patron. Mentre il primo scudetto fu una “sorpresa” per tutti, ma sorpresa relativa, visto il “mostro” Maradona in campo, il secondo scudetto fu molto più sofferto.

Con i ricchissimi club del Nord, all’epoca, il Milan di Sacchi e Berlusconi in testa, con la Juventus-Fiat dominante in tutto il mondo, ed anche bene “assistita”, con leggi e leggine; l’Inter Morattiano, “padrone” di metà pozzi petroliferi dell’Europa, come si “permetteva” il Napoli di vincere due scudetti? Ricordo ancora oggi l’ultima partita del secondo scudetto del Napoli in casa, e il “capitano” Maradona, anche capitano dell’Argentina: la tensione si toccava con le mani; erano presenti anche il ct della nazionale biancoceleste, Carlos Bilardo, ed anche alcuni calciatori compagni in Nazionale del “fenomeno”.

L’aria era, come detto, quella impaziente dei tifosi che aspettano un gol. Ricordo che ci fu anche un “fuori onda” speciale e simpatico: Marisa Laurito , con una maglia azzurra e un numero 2 ben impresso, assieme alla moglie ed alle figlie di Maradona, che “dava la carica”.

Al settimo minuto, il Pibe de Oro scodella una delle sue magiche palle nell’area di rigore della Lazio; la mette sulla testa di un giovane neo acquisto del Napoli, Marco Baroni, oggi allenatore della Lazio, che insacca in rete il pallone che valse il secondo scudetto ! I 60.000 del San Paolo di allora (cifra ufficiale di spettatori, ma in realtà erano almeno 70.000) impazzirono di gioia, dopo essere stati “mortificati” dalla stampa interessata pro-Nord e dai tanti “asserviti” commentatori televisivi, per il “fattaccio” della monetina caduta sulla testa di Alemao.

Subito dopo, ci furono altre “notti magiche” per i Mondiali del ‘90 sulle note del celebre duetto tra Gianna Nannini e il nostro Eduardo Bennato. Si giocava al San Paolo la semifinale del campionato mondiale: il destino volle che fosse lo stadio napoletano ad ospitare la prima semifinale: Italia Argentina. La nazionale biancoceleste era stata fischiata negli stadi del Nord durante le eliminatorie; addirittura, fu fischiato l’inno nazionale.

Qual era la “colpa” di cotanto affronto? Il Napoli, che aveva vinto, grazie a Maradona il secondo scudetto! Traggo da un bel libro di un grande medico-giallista, intitolato “quando eravamo felici”, in cui si intrecciano tanti episodi, sportivi e non, nella vita italiana: “Era la semifinale Italia-Argentina giocata in notturna il 3 luglio 1990 nello stadio allora San Paolo. Erano incollati agli schermi televisivi 27 milioni 537.000 persone. Quella sera di luglio l’ultimo ostacolo che gli azzurri di Azeglio Vicini trovavano sul proprio cammino fu la nazionale Albiceleste, campione del mondo in carica; Maradona incita i napoletani a tifare per l’Argentina, vista l’accoglienza che ancora oggi ci viene riservata al Nord, con il solito “Vesuvio pensaci tu”, “Mamma che puzza, ho visto un napoletano”, e via dicendo.

Il primo gol lo segna Schillaci il pareggio fu di Caniggia; si va ai tempi supplementari, poi ai calci di rigore dove prevale l’Argentina, che perde la finale a Roma con uno scandaloso rigore dato alla Germania. Fine della storia? No. Gli anni ’90 segnarono anche la fine dei partiti tradizionali. Il “tramonto del sole dell’Avvenire”.

Era arrivata la Seconda Repubblica: fine della storia. Eravamo stati tanto felici, dico io, e non lo avevamo compreso appieno: spero tanto di poterlo essere domani sera, ma negli anni ‘90 era un’altra storia, dove il San Paolo ospitava gli scudetti del Napoli non solo, ma anche la semifinale di un Mondiale. Oggi al “Maradona” festeggiamo con grande gioia il IV scudetto, ma dobbiamo fare i conti con uno stadio così osteggiato, che da lustri non ospita più neanche una partita amichevole della Nazionale, e deve sperare nell’autorizzazione dell’Uefa per disputare la Champions League.

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