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Spigolature
27 Maggio 2025 - 09:26
Giorgia Meloni
Tra i problemi interni e quelli internazionali sono molti i nodi da sciogliere in una delle fasi storiche più drammaticamente tormentate. In primo piano c’è Putin con la guerra imperialista di annessione violenta dell’Ucraina. Quanto ci vorrà perché gli interlocutori in questa vicenda (Papa Francesco parlava di terza guerra mondiale fatta per pezzi) aprano gli occhi e adottino le misure, compresa la minaccia delle armi (“si vis pacem para bellum” dicevano gli antichi romani), perché il criminale invasore ritiri i propri eserciti e sieda al tavolo di una trattativa che prevede, appunto, ritiro delle truppe occupanti, una tregua di trenta giorni e una proposta di pace che, dicono Zelensky e i Paesi che lo sostengono, deve essere condivisa e durevole.
* PER PUTIN GUERRA A OLTRANZA. Il tiranno del Cremlino non conosce la parola pace e vie di mezzo. Ogni volta che c’è la possibilità di un incontro per avviare una trattativa, lui manda avanti qualcuno dei suoi che dice di sì, mentre lui poi si nega. E’accaduto clamorosamente in Turchia. Per l’offerta del Vaticano a ospitare le parti che si combattono, la risposta negativa è stata immediata. Prima Mosca si giustifica così: non abbiamo ancora ricevuto dal Vaticano proposte di mediazione.
Poi Lavrov, ministro degli Esteri, taglia corto: due Paesi di religione ortodossa non possono discutere e confrontarsi su una piattaforma cattolica, perciò “i colloqui nella casa del Papa sono irrealizzabili”. La verità sembra un’altra: attendere un memorandum di Putin che prevede una zona cuscinetto lungo le frontiere. ”Operazione già in atto”, fa sapere il Cremlino “per prevenire gli attacchi sulle regioni di confine: Kursk, Belgorod, Bryansk”.
Putin mena il can per l’aia almeno quanto basta per continuare a massacrare l’Ucraina e ridurla a un ammasso di rovine. Per non avere intralci e ostacoli da parte di Trump, la tattica è adulatoria: ”Gli Usa si stanno comportando bene, il capo Usa merita il nostro rispetto”.
* PERSONAGGIO SCHIZOFRENICO. Già prima del secondo mandato, ma soprattutto appena rientrato alla Casa Bianca, Trump ha esibito il suo caratteristico forte attaccamento a false convinzioni (giostrare su dazi e tariffe per rilanciare l’economia americana), pensieri e comportamenti anomali e contraddittori.
La famosa telefonata con Putin: “E’ andata molto bene”, afferma. Ma per chi se non per il capo del Cremlino che, snobbando ogni richiesta di tregua anche di pochi giorni, ha continuato a bombardare rovinosamente l’Ucraina. A questo punto un ripensamento. Putin non risponde e si comporta male? ”Siamo pronti a sanzioni devastanti”. La trattativa per l’agognata pace è a un punto morto? “I due che si fronteggiano si odiano troppo. La guerra in atto non è nostra, perciò ci facciamo da parte”.
In tempi normali, nota Domenico Ocone, “sarebbe impensabile che qualcuno gli affidasse di svolgere la più banale delle funzioni”.Ormai il silenzio di Trump sull’Ucraina è una oggettiva complicità con Putin. Tuttavia, dopo l’infernale scaricata di missili e droni su Kiev, ecco la voce della Casa Bianca: ”Putin è impazzito, se continua così cadrà…”.
* ZELENSKY CERCA SOLIDARIETÅ. Lui ce la mette tutta, dimostrando una capacità di resistenza e di tessitura diplomatica davvero rilevanti. Pronto a incontrare Putin “pur di far cessare la guerra”. Esauriti tutti i passi possibili, disposto a studiare l’offerta russa del memorandum putiniano con l’avvertenza, però, che “non ci ritiriamo dalle zone sotto il nostro controllo”.
Per ora un risultato riguarda lo scambio dei prigionieri. L’Ucraina ha ottenuto il rilascio di mille fra soldati e civili. Tra i 27 Stati che formano l’Unione europea, solo quello dell’ungherese Orban si è schierato dalla parte dei russi. Non scontata, e per questo sorprendente, la dichiarazione del leader turco Erdogan: “la Crimea è naturalmente un territorio ucraino”. Per questo Putin ha fatto fallire l’incontroad Ankara? Andrà meglio il prossimo previsto in Svizzera?
* DALL’EUROPA ALL’ITALIA DI GIORGIA. Gli Stati della Comunità debbono vedersela con l’avversione, non più nascosta, di Trump (“europei sfruttatori e parassiti”) che ha stabilito un dazio del 50 per cento. La criminale volontà di Putin sembra che abbia rafforzato l’Europa arrivata alla decisione di non escludere un esercito tutto proprio in difesa della sicurezza e dei diritti internazionali. La stessa Inghilterra sta riesaminando la Brexit.
A Londra si dà per certo che la sbandata populista di 10 anni fa potrebbe andare in soffitta prima del previsto. A sua volta il presidente Sergio Mattarella (dopo il “nessun dorma” rivolto da Coimbra a un’Europa spesso disunita e inerte) rinnova l’appello alla responsabilità collettiva, mentre gli ambasciatori dei 27 approvano il fondo da 150 miliardi per acquistare “armi europee”. In questo scenario non privo di significativo movimento, si inserisce la posizione della premier italiana. Non basta più la festosa accoglienza sempre riservatela nelle sedi internazionali.
Quanto a politica “reale”, ora deve guardarsi da chi le sta più vicino: i suoi due vicepremier. Salvini e Tajani sono in disaccordo quasi su tutto. Lei può continuare a barcamenarsi? Uno dei due deve essere, pena le dimissioni, fortemente richiamato ai doveri della solidarietà che non riguarda soltanto la sopravvivenza del Governo.
* PONTE SULLO STRETTO. Matteo Salvini, vicepremier, presenta il decreto sui controlli antimafia in deroga dalle procedure ordinarie, affidandone la competenza a una struttura del Viminale. Il Quirinale blocca questo testo, così formulando: ”Perché non fa altro che indebolire le verifiche esistenti”. Derogando dalle norme ordinarie, precisa la Presidenza della Repubblica, ”si finirebbe per ridurre, anziché aumentare, i filtri anti- clan”.
Sulla questione, conclude Salvini con atteggiamento di sfida, si pronuncerà il Parlamento. Domanda: ma da dove viene e dove vuole andare, questa “voglia matta” del leghista, di scontrarsi con il Quirinale? Tanto più che il ministro Piantedosi (Interno) ammette che “sul Ponte sullo Stretto c’è stato un deficit di comunicazione con il Colle”.
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