Tutte le novità
IL PUNTO
29 Maggio 2025 - 10:59
Vladimir Putin è “impazzito?”, torna a chiederselo Donald Trump divorato dalla fretta di raggiungere – dopo quello in Arabia Saudita -- un nuovo risultato di prestigio tra i non pochi promessi e di cui vantarsi alle prossime elezioni di mid-term. “Non vuole la pace!”, ripete come un disco rotto Volodymyr Zelensky, funambolo di comparsate televisive ai quattro angoli del pianeta.
“Diamo altre armi al governo dell’Ucraina compresi i missili a lunga gittata”, proclamano alternandosi i tre leader di Germania, Francia e Polonia, autoproclamatisi anche leader dei Volenterosi e presunti leader effettivi dell’Unione Europea... Lo sconcerto è assai grande. Perché – repetita iuvant -- Putin ha avuto la sciagurata idea di attaccare l’Ucraina tre anni fa con una inimmaginabile sottovalutazione della realtà e delle conseguenze. Un assalto, tuttavia, dopo la defenestrazione del presidente Viktor Yanukovich; dopo gli Accordi di Minsk traditi dai dirigenti di Kiev e governi occidentali amici; dopo lunghi anni di repressione nelle regioni russofone cui si era negata l’autonomia; dopo una temuta pre-adesione ucraina alla Nato, ch’era già dilagata fin dentro i confini dell’ex Unione Sovietica. Per un paio di missili, solo potenzialmente armati di ogive atomiche, si sfiorò nel 1962 un conflitto nucleare scatenato dagli Stati Uniti. Ipotesi se non prospettiva rievocata ancora una volta dall’ex presidente della Federazione russa, Dmitry Medvedev.
Trump fa pretattica. Ma la necessità di raggiungere l’obiettivo della tregua in Ucraina traspare in vista di elezioni decisive per poter sviluppare la reindustrializzazione degli Stati Uniti. Da oltre un anno ripete che la colpa del conflitto è di Zelensky e del suo giro di amici che si sono impadroniti di un potere assoluto, ignorano le scadenze elettorali, calpestano la democrazia imprigionando o seppellendo avversari e dissidenti, mandano al macello centinaia di migliaia di compatrioti e ne riversano o spingono alla fuga oltre confine diversi milioni di altri. Il presidente americano ha accusato il suo predecessore Joe Biden e gli alleati europei di aver sostenuto il regime di un Paese, l’Ucraina, tra i più corrotti al mondo e che non potrà mai vincere contro la Russia. Il suo inviato speciale Joseph Keith Kellogg resta convinto che Trump sia l’unico che possa giungere a una “tregua coreana” che prometta un futuro trattato di pace. Difficile dargli torto. Ma come giungervi è lo scoglio finora insuperabile.
Semplifichiamo. Il capo della Casa Bianca ha chiesto che Mosca e Kiev concordino un cessate il fuoco, predispongano un aggiornato elenco con le rispettive intenzioni e procedano nelle trattative. Washington collaborerà nel favorire i negoziati. Zelensky non è un attore come Ronald Reagan (chiedo venia al lettore per il paragone), il quale prima della presidenza fu governatore della California ch’è la quarta economia del pianeta con un prodotto interno lordo doppio di quello italiano. Era un comico semisconosciuto divenuto casualmente capo dello Stato. Ora pretende un summit a due con Putin, o a tre, pure con Trump. Ma per dirsi che cosa, stringersi la mano per che cosa?
Summit forse sì, replica ancora una volta Putin, ma non ‘a prescindere’. I vertici non precedono bensì concludono i negoziati con la cerimonia delle firme sotto agli accordi raggiunti. Non sono la passerella agli Oscar di Hollywood ma la consegna delle statuette. Tanto più che il capo del Cremlino considera serie le intenzioni di Trump, non quelle di Kiev e dei suoi alleati europei che inviano armi, istruttori e combattenti (“foreign fighters” se schierati con Kiev; “collaborazionisti” se russofoni del Donbass o “mercenari” se stranieri al fianco dei russi). Armi a Kiev per…accelerare la fine della guerra. Armi che possono già colpire Mosca e che “costringerebbero” Putin a fermarsi o a battere in ritirata.
Vale la pena sottolineare che il moltiplicarsi l’altra notte dei bombardamenti russi ha fatto seguito a un attacco all’elicottero con a bordo Putin nel Kursk, dopo la liberazione dagli occupanti della brigata speciale mista formata dai migliori soldati ucraini e “foreign fighters”. Così come la realizzazione di una base militare russa nell’area confinante con la Finlandia appare la risposta alla prospettata base militare Nato dopo l’adesione recente di quel Paese e della Svezia, Stati di radicata neutralità, all’Alleanza Atlantica. Così come il rafforzamento della base militare di Sebastopoli (e il presumibile potenziamento militare russo sulla costa caucasica non molto lontano da Batumi) risponde alla realizzazione della più grande base militare dell’Alleanza Atlantica a Costanza, sulle rive del Mar Nero.
Certo, è ingiusto che il più debole debba potersi difendere nei suoi confini e non dare al più forte una lezione in casa sua, contraccambiando lutti e distruzioni (dai tempi dell’Holodomor sognati e rinviati). Ma quei tempi sono lontani, le cose profondamente cambiate. E la logica di questa guerra, tanto crudele quanto stupida, è che gli ucraini debbano solo difendersi, anche con l’aiuto occidentale, e che i russi possano attaccare solo con armi convenzionali. Cadesse questo ‘patto’ l’ipotesi di Medvedev sulla terza guerra mondiale sarebbe di “secondo tipo”.
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo