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LA RIFLESSIONE

Forse non è il matrimonio quello che fa bene alla salute

È accaduto qualcosa di scientificamente rivoluzionario

Forse non è il matrimonio quello che fa bene alla salute

È accaduto qualcosa di scientificamente rivoluzionario. Quello che era dato per scontato in seguito a una serie di studi precedenti, è stato confutato da una recentissima ricerca statunitense di una università della Florida, che tra l'altro vede tra i suoi autori due valenti studiosi italiani, pubblicata un paio di mesi fa su una delle più importanti riviste mediche specializzate nel settore delle malattie degenerative cerebrali, Alzheimer's & Dementia, la quale avrebbe certificato che - copio letteralmente dal titolo originale del portale di Focus che ha riportato il lavoro - "il matrimonio nuoce gravemente alla salute (mentale)".

Tutta la narrazione accreditata nelle più alte sfere della ricerca mondiale aveva fin qui detto esattamente il contrario, e cioè che "il matrimonio proteggeva dal rischio di demenze grazie a una vita sociale più intensa delle coppie sposate". Alla luce di quanto appena pubblicato ciò non sembrerebbe vero.

La ricerca d'oltreoceano - condotta su oltre 24.000 persone, la maggior parte bianchi e sposati, seguite per 18 anni - ha infatti evidenziato che "gli individui non sposati (che non hanno mai contratto matrimonio, divorziati o vedovi) correrebbero un rischio minore di sviluppare demenza rispetto ai colleghi sposati". I motivi non sono chiari, ma gli autori ipotizzavano che "uno stile di vita più attivo e meno routinario proteggerebbe il cervello dal declino cognitivo".

Insomma sarebbe vero tutto e il contrario di tutto, peccato però che questa ultima investigazione fosse estremamente rigorosa, allargando la fascia di età (da 50 a 104 anni) e analizzando "anche altri fattori che avrebbero potuto influire nello sviluppo della demenza, come l'età, il sesso, l'etnia, l'educazione, il fumo e altri aspetti riguardanti la salute fisica e mentale". Solo una volta corretti i risultati alla luce di questi fattori "confondenti" si è data la ricerca alla stampa.

"I partecipanti" - racconta chi ha divulgato lo studio - "erano stati sottoposti periodicamente a test neuropsicologici per verificare lo stato cognitivo. Già nel primo test alcuni avevano mostrato segni di un leggero deficit cognitivo ma, in chi non era sposato, difficilmente questo si trasformava in una vera e propria demenza. In generale, i risultati parlano chiaro: tutti gli adulti non sposati avevano un rischio almeno del 50% minore rispetto a quelli sposati di soffrire di demenza". "Ma perché" - si erano chiesti gli autori dello studio riportato da Focus - "chi è sposato sarebbe più soggetto a soffrire di demenza? Non hanno, al momento, risposte certe, ma avanzano delle ipotesi.

"Chi non si è mai sposato tende a socializzare di più con amici e vicini", ha spiegato Selin Karakose, coordinatrice della ricerca, che - parole di Focus - "aggiunge (parafrasando) che le coppie sono tendenzialmente meno integrate nella società e hanno una vita sociale meno attiva; chiudendosi in un routinario universo 'di coppia' il cervello sarebbe meno stimolato, e dunque andrebbe più facilmente incontro a un declino cognitivo. Oltre a questo, i single sono anche generalmente più indipendenti – un altro fattore che aiuta a mantenere la mente attiva".

Insomma è il riscatto scientifico degli uomini e delle donne sole e di quelli/quelle che lo diventano in corso d'opera, a patto però, come dimostrano una miriade di studi vecchi e nuovi, che gli stessi non incappino nella depressione, la madre di tutte le patologie degenerative del cervello, forse il vero e solo primum movens di quello che in un'epoca molto diversa e con meccanismi più complessi è definito dai più giovani il "brain rot" (letteralmente il "marciume cerebrale"), che proprio da un processo di vuota appartenenza e deflessione dell'umore trae le sue più intime ragioni fisiopatologiche.

Insomma, chi vuol vivere a lungo mentalmente bene eviti come il diavolo matrimoni infelici e interazioni matrimoniali stanche e ripetitive e pretenda dalla propria vita coniugale stimoli, rinnovamenti, complicità, emozioni, comunioni di intenti, passioni condivise e messe di amici nei paraggi, ma anche percorsi separati per crescere indipendentemente l'uno dall'altra e ricongiungersi più avanti e più felicemente lungo il percorso condiviso.

Se qualcuno vuole affrancarsi dalla quotidianità piatta e stantia della vita matrimoniale, pertanto, citi questo studio allo scopo di chiedere al proprio partner di non dare mai per scontato quello che in un rapporto di coppia non lo dovrà essere mai, l'obbligo a stare insieme per essere più felici, non meno. Meglio proseguire da soli - fatte salve le tutele sacrosante dei figli, tanto più se minori - che ritrovarsi in due su un binario morto, che (a onor del vero) non è appropriato (né giusto) neanche per chi un partner non ce l'ha.

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