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09 Giugno 2025 - 08:56
Sul blog di "ascuolaoggi" sono state pubblicate a cura della sua redazione le ultime parole che Enrico Galiano (insegnante, educatore, divulgatore e scrittore) avrebbe pronunciato (o solo voluto pronunciare, la cosa non appariva chiara) ai suoi studenti alla fine dell'attuale anno scolastico. Che lo abbia fatto davvero o che sia stato solo un artificio letterario, il suo intervento è risuonato tanto forte e chiaro sui social da scatenare un dibattito acceso (come al solito) tra favorevoli e contrari a un pensiero che peraltro appariva tutt'altro che rigorosamente di parte.
Per capire le ragioni del contendere riporto la versione integrale delle sue affermazioni: "Non mi mancherete. Non mi mancherà chi ha chiesto 'che giorno è oggi?' mentre scrivevo la data alla lavagna. Non mi mancherà chi ha passato tutto l’anno a dire 'non studio, tanto vado a fare il muratore', e poi alla fine mi ha inseguito per farsi aiutare con l’esame all’ultima ora dell’ultimo giorno. Non mi mancheranno le 'erezioni' dei vulcani, i 'sequestro un uomo' e nemmeno quello che ha detto che Dante si era perso nella 'serva oscura'. Non mi mancheranno i compiti scritti benissimo ma che iniziano con 'Ecco, ora ti scrivo il compito proprio come se fossi un umano', gli sbadigli puntati sulla mia faccia proprio nel bel mezzo della spiegazione più appassionata, le mani alzate e io 'Sì dimmi!' e voi, con la mano ancora alzata, 'Ehm... mi sono dimenticato cosa dovevo chiedere!'. No che non mi mancherete. Perché a essere onesti, non mi avete mai mancato. Anzi: mi avete preso in pieno. In pieno stomaco, quando mi avete raccontato del papà che non c’è. In pieno petto, quando vi siete messi a piangere perché non riuscivate a fare quel compito. In piena faccia, quando mi avete detto: 'Lei ci crede più lei in me, che io stesso'. E quindi no, non mi mancherete. Perché siete stati il colpo più preciso dell’anno. E certe frecce, quando fanno centro, non si dimenticano mai".
In queste dichiarazioni del professore friulano si cela, a mio giudizio, tutta la dicotomia della scuola italiana, costantemente (e colpevolmente) alla costante, e per lo più infruttuosa, ricerca di un punto di equilibrio, ovvero di incontro, tra docenti e allievi. Va riconosciuto, infatti, a Galiano che usa lo stesso metro tanto per costernarsi di un inarrestabile declino culturale e umano dei "nuovi giovani" quanto per dolersi di tanta "umanità" viva e dolente che non trova la sua realizzazione né in chi va alla ricerca di un "dopo" né in chi al "dopo" ha rinunciato da tempo.
Insomma, uno delle più belle professioni dell'umanità quella che insegna e apprende allo stesso tempo sembra sempre più vanificare il suo fine e il suo scopo, fino a diventare asettica manovalanza quando gli studenti "non rispondono" alla lettura della realtà così come proposta dai loro insegnanti. È quello che emerge quando i giovani italiani di ogni estrazione sociale e culturale enfatizzano le performance di Alberto Angela, additandolo a loro modello di docenza appassionata e competente. Va detto, a onor del vero, che il figlio del grande Piero non deve fare i conti con decenni di precariato, paghe da fame e trasferimenti da deportati.
Come non deve confrontarsi con studenti disinteressati, se non addirittura indisciplinati e facinorosi, e con i loro genitori, pronti a difenderli oltre ogni ragionevole dubbio, con strutture fatiscenti e con superiori in grado che limitano le sue lezioni a mero compito formale ovvero con il minimo del coinvolgimento emotivo e perché no anche affettivo. Sono quelle le prove che contano! I due mondi, nonostante le buone speranze di Roberto Vecchioni, appaiono sempre più lontani e, quel che è peggio, con un divario tra Sud e Nord anno dopo anno ancora più profondo.
Pertanto, per quanto sarebbe bello prendere una posizione gioiosa e ferma a favore dei giovani, come quella assunta pure da Paola Cortellesi qualche giorno fa in un evento pubblico "Detesto quelli della mia età in poi, chiamiamoli 'anziani, che si lamentano sempre dei giovani. I giovani che ho scelto per il mio film mi hanno sorpreso: consapevoli, bravi, curiosi. Oggi i giovani si preparano molto di più per fare questo mestiere", così ha dichiarato resto convinto che la realtà attuale dell'insegnamento scolastico italiano non c'entri niente con un concerto o un bel film e, se talvolta assomiglia a quest'ultimo, è solo nella sua versione più terrificante, imbarazzante e perdente.
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