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Non vince sempre il più forte, vince chi sa sognare

La finale dei playoff di serie C tra Pescara e Ternana ha regalato agli oltre ventimila tifosi presenti allo stadio uno spettacolo che poche altre discipline sportive sanno esprimere

Non vince sempre il più forte, vince chi sa sognare

Aurelio De Laurentiis

La finale dei playoff di serie C tra Pescara e Ternana ha regalato agli oltre ventimila tifosi presenti allo stadio uno spettacolo che poche altre discipline sportive sanno esprimere.

Nel calcio non sempre vince il più forte, ma a volte e come per magia (per citare l’artefice della promozione in serie B, l’allenatore Silvio Baldini), vince chi ha più cose da dire e da dare per sé stesso e per gli altri. Ed è esattamente quello che è successo tra Pescara e Ternana.

Nel doppio confronto la Ternana ha concesso al Pescara un solo tiro in porta, quello del napoletanissimo Gaetano Letizia che ha sancito la vittoria dei biancazzurri allo stadio Liberati di Terni, e ha creato almeno sette, limpide, azioni da gol che solo la bravura di Alessandro Plizzari, il portiere dei biancazzurri, ha impedito che potessero essere altrettanti gol. Lo ha riconosciuto, con la schiettezza che lo contraddistingue, lo stesso Baldini a fine partita.

Ma tutto questo non è bastato ai rossoverdi per vincere. Hanno vinto i biancazzurri del Pescara, ha vinto il suo allenatore Silvio Baldini, ha vinto il suo presidente Daniele Sebastiani, ha vinto soprattutto il portiere dei padroni di casa, Alessandro Plizzari. Un eroe, calcisticamente parlando s’intende, che ha intercettato ogni pallone che arrivava nello specchio della porta, che ha parato tre rigori su quattro, quando le lancette dell’orologio avevano abbondantemente superato la mezzanotte, pur essendo infortunato.

E proprio prima che iniziasse la baraonda dei rigori, mi è venuto in mente un libro che molto ho amato e che amo ancora, Prima del calcio di rigore, di Peter Handke, vincitore del Nobel per la Letteratura nel 2019 con questa motivazione: «Per la sua immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta il superamento dei confini come una forma di vita».

Mi è tornato in mente quel libro per la descrizione precisa, puntuale, del rapporto mentale che si stabilisce tra un portiere e chi tira un calcio di rigore e perché Plizzari con la sua stoica partita ha dimostrato, al pari del Premio Nobel, che la vita di ognuno di noi è un costante movimento attraverso i limiti, un costante movimento per superare i limiti. I propri limiti.

Il Pescara ha vinto perché il suo allenatore ha saputo sognare. In un mondo come quello del calcio che più finto non si può, Baldini è un’eccezione. Diretto e senza infingimenti, dice quello che pensa e lo dice a microfoni aperti. Dice sempre cose giuste? No. Ha sempre ragione? No. È un esempio? No.

E dunque vi starete chiedendo, qual è il pensiero su Silvio Baldini? È un bravo allenatore che ha ottenuto buoni risultati a livello sportivo (quattro promozioni e una panchina d’oro nel 2021- 2022. Le partite in panchine sono 885 e ne ha vinte 331, pareggiandone 280 e perdendone 274), sono pochi gli allenatori che possono vantare più vittorie che sconfitte nella loro carriera pur non avendo mai allenato squadre di vertice, ma, per come intendo il calcio e la vita, l’aspetto più importante è la sua cifra umana.

Riconosce il valore degli avversari ed è un grande motivatore per la sua squadra. Riesce a tirare fuori il meglio dai suoi calciatori per renderli capaci di superare anche avversari più forti tecnicamente e fisicamente. Quando arrivò a Pescara disse: «Sì, ho dei ragazzi meravigliosi che mi seguono perché hanno la cultura del lavoro ereditata dalla gestione Zeman. Che non finirò mai di ringraziare».

Ecco, questo è Silvio Baldini, riconoscente del lavoro altrui, una persona di cui ci si può fidare. E in un’intervista rilasciata a Luca Telese (direttore de Il Centro), riferendosi al mondo del calcio: «Un mondo finto, in gran parte ignorante. Che pensa solo a far soldi. E popolato anche da lestofanti». Che richiama alla mente altre persone vere che hanno saputo dare un contributo significativo in questo senso a partire proprio da Zdeněk Zeman, non dimenticando Carletto Mazzone e il più grande di tutti, Diego Armando Maradona.

Carlo Mazzone ebbe a dire: «La cosa più pulita nel calcio è il pallone», un’affermazione che non ha bisogno di commenti o spiegazioni. «La pelota non se mancha» disse Diego il 10 novembre 2001, durante la sua cerimonia di addio al calcio. Allo stadio per antonomasia, la Bombonera di Buenos Aires.

«Il calcio è lo sport più bello e più sano del mondo. Perché, se uno sbaglia, non deve pagare il calcio. Io ho sbagliato e ho pagato, ma il pallone non si macchia». Il libro di Peter Handke finisce in questo modo. «“Il portiere si domanda in quale angolo l’altro tirerà”, disse Bloch. “Se conosce il tiratore, sa quale angolo si sceglie di solito. Può darsi però che anche l’incaricato del calcio di rigore calcoli che il portiere ci pensa.

Quindi il portiere pensa che oggi, per una volta, il pallone arriverà nell’altro angolo. Ma se il tiratore continuasse a pensare insieme al portiere e decidesse quindi di tirare nel solito angolo? E così via, e così via”. Bloch vide che a poco a poco tutti i giocatori uscivano dall’area di rigore. L’incaricato del calcio di rigore si aggiustò il pallone. Poi arretrò anche lui fino a uscire dall’area di rigore.

“Quando il tiratore prende la rincorsa, il portiere indica involontariamente col corpo, poco prima che il pallone sia calciato, la direzione in cui si getterà, e il tiratore può tranquillamente calciare nell’altra direzione”, disse Bloch. “Il portiere avrebbe altrettante probabilità di sbarrare una porta con una pagliuzza”. Improvvisamente il tiratore si mise a correre. Il portiere si mise a correre. Il portiere, che indossava un maglione giallo, rimase perfettamente immobile, e l’incaricato del calcio di rigore gli calciò il pallone nelle mani».

Alessandro Plizzari, il portiere del Pescara, non aveva un maglione giallo ma verde e altrettanto vistoso. Gli incaricati di tirare i rigori non gliel’anno calciati tra le mani, è andato a prenderli in angoli diversi e opposti. Ma la morale della storia è la stessa. Peter Handke racconta di una società dalla quale è difficile fuggire e nella quale ci si trova proprio come si trova il portiere davanti a un calcio di rigore.

Josef Bloch, il protagonista del romanzo di Handke, si è macchiato di un grave delitto e per lui è davvero impossibile fuggire dal contesto che si è creato. Il mondo di Handke è un mondo in cui l’uomo ha perso tutti i legami con il linguaggio e la realtà condivisa. Un mondo in cui c’è violenza gratuita. Un mondo di cui si è perso il controllo, metafora dell’impotenza umana di fronte all’assurdo.

In questo Silvio Baldini somiglia molto al presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis. Entrambi provano a ribaltare questa concezione della vita e del mondo con la verità dei loro comportamenti. Con la verità dei loro giudizi sul mondo del calcio, una verità che non contempla l’essere servile e funzionale al sistema. A volte eccedono, a volte sbagliano, ma sono sempre veri e per questo umani.

Lunga vita, sportiva e no, ad Aurelio De Laurentiis e a Silvio Baldini. Lunga vita al calcio e alla sua affascinante bellezza che sfugge a tutte le regole. Nella vittoria del Pescara c’è un po’ di napoletanità, oltre al già citato Gaetano Letizia, guida solida e stabile per la difesa biancazzurra e che ha disputato uno splendido campionato, c’è Pasquale Foggia, napoletanissimo anche lui, direttore sportivo della squadra del presidente Sebastiani.

E poi c’è il legame tra l’Abruzzo e il Napoli che ha scelto proprio Castel di Sangro per svolgere una parte della preparazione precampionato. La partita è finita tardi, molto tardi, oltre la mezzanotte ed è finita con i ventimila dello stadio Adriatico che cantavano, come hanno fatto per tutta la durata della partita, la canzone che è diventata l’inno del Pescara: «Gente di mare | Che se ne va | Dove gli pare | Ma dove non sa | Noi prigionieri di queste grandi città | Viviamo sempre di oggi e di ieri | Inchiodati dalla realtà | E la gente di mare va…».

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