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L'opinione
19 Giugno 2025 - 09:11
Elena Belloli e Rubens Bertocchi
Non solo dolore e pratiche burocratiche quelle che si ritrovano a dover gestire gli orfani di femminicidio ma numerosissime situazioni problematiche, strazianti e tali da mettere a dura prova la forza morale di chi deve prendere decisioni non procrastinabili. Ancora più complessa è la situazione di quando trattasi di femminicidio seguito dal suicidio dell’assassino, marito della vittima e, quindi, del loro padre. Ne raccontiamo una che ultimamente ha riscosso molta eco sui social.
Alcune settimane fa Rubens Bertocchi, riportando in vita il delitto d’onore di vecchia memoria, ha ucciso la moglie Elena Belloli sospettando che lei lo avesse tradito. Subito dopo si è suicidato. Dopo una settimana dal clamore dell’atto criminoso i loro nomi sono ritornati agli onori della cronaca e di diffusi commenti critici sui social per i loro funerali celebrati in un’unica cerimonia in chiesa.
Davanti all’altare si sono ritrovati la vittima e il suo assassino, l’una a fianco dell’altro come al momento del loro matrimonio ma questa volta nelle bare e con tante altre significative differenze. Alle nozze vi erano arrivati ambedue consenzienti e con all’orizzonte un percorso che si prospettava pieno di affettività e progetti condivisi.
Quel pomeriggio nella bara, invece, Elena l’aveva spinta lui privandole della vita futura che a 52 anni poteva offrirle ancora tanto. Il giorno del matrimonio i figli erano solo nei loro desideri, quel pomeriggio erano, invece, lì in carne ed ossa ma orfani, a 20 ed 11 anni, di ambedue i genitori per l’atto feroce del papà che non ha pensato a loro attuando la sua assurda vendetta. Il feretro del femminicida è entrato per prima, quello di Elena dopo una mezz’ora.
Due le omelie: una del parroco per lei ed una per lui da parte di monsignor Andrea Paiocchi che li aveva all’epoca sposati. Quella del parroco don Primo Moioli non è stata solo un’orazione funebre ma una vera e propria denuncia sociale della malsana e diffusa disparità di genere che relega la donna ancora ad un posizionamento sperequato rispetto all’uomo. Don Primo ha invitato ad “uscire dalla grotta di un oscuro maschilismo che la caratterizza da troppi secoli”.
Il nome di Elena è risuonato più volte dalle sue labbra con l’appellativo di “moglie e madre, martire laica di un orrore diabolico”. Quello di lui non è stato mai nominato. Il feretro della donna è uscito dalla chiesa accompagnato da scroscianti applausi di vicinanza affettiva. Quello di lui in un significativo silenzio tombale.
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