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L'analisi
04 Luglio 2025 - 09:17
Donald Trump
La lezione all’Iran e l’avvertimento ai nemici e agli stessi amici hanno avuto effetto immediato. Vedremo se dura, ma intanto… L’ “America great again” si presenta ora sul proscenio internazionale non contrapponendosi all’ “America first” ma affiancandosene. È l’America double-face.
L’isolazionismo non ha mai frenato sostanzialmente l’espansionismo Usa, ma s’è manifestato quasi a correggerne limiti e confini. La globalizzazione divenuta globalismo s’è risolta a favore segnatamente della Cina, che ha accompagnato la dilatazione commerciale con l’imperialismo strategico.
A testimonialo, il triplice sforzo militare nel potenziamento delle forze convenzionali, nucleari e ‘spaziali’. E’ assurta così al ruolo che aveva l’Urss: di ‘altra superpotenza planetaria’. Spiegammo sinteticamente una settimana fa il valore dell’accordo - mediato da Donald Trump e agevolato dal Qatar - fra Repubblica democratica del Congo (RDC) e Rwanda, prima guerra panafricana e conflitto il più sanguinoso dopo la seconda guerra mondiale.
Oggi tutti scoprono che l’intesa punta ad accrescerel’indipendenza degli Stati Uniti dalle forniture di ‘terre rare’ dalla Cina. Si collega per tempestività con un altro patto, con l’Ucraina, basato sullo scambio di ‘terre rare’ contro armi. Baratto, tuttavia, che non leda gli interessi russo-americani alla prospettiva di un equilibrio internazionale tripolare Washington-Mosca-Pechino. A dimostrarlo, le forniture periodicamente centellinate di armi made in Usa al regime di Kiev. Se non la pace, almeno una tregua ‘coreana’ non può attendere all’infinito.
La premessa: il perentorio ‘no’ all’adesione dell’Ucraina alla Nato. La prima conseguenza: svaniti dubbi e rimostranze degli alleati europei e una telefonata di due ore a interrompere il triennale scambio di accuse tra Emmanuel Macron e Vladimir Putin. Le ‘terre rare’ sono indispensabili sia alla reindustrializzazione degli Stati Uniti, reclamata dagli elettori con lo spettro della disoccupazione e dei robot a sostituirli, sia al mantenimento del primato tecnologico che nutre anche quello della nuova occupazione e delle armi.
Non a caso, lo scontro con Elon Musk sottolinea la difficoltà di conciliare presente e futuro. Non a caso, sono America e Cina primo e secondo Paese al mondo a spendere di più per gli armamenti del presente e del futuro. Il presenzialismo del Qatar - che paga tutti e tutto ma poi si ripaga - è utile (non solo diplomaticamente) a Washington in Medio Oriente e in Africa.
Doha accoglie chiunque s’affidi alla diplomazia. Spiana la strada per gli Accordi di Abramo (alla stessa Arabia Saudita, a volte diffidente o irritabile per la sua disinvoltura). È pronta a trasformare Gaza in una seconda Costa Azzurra, sorvegliata dagli egiziani e gestita in condominio con americani e sauditi. Supporta mediazioni nel Continente Nero conteso da cinesi, da russi, dal poco che resta del colonialismo europeo e ora di nuovo dagli Usa.
Si tiene stretta la “copertura” americana mentre scruta varchi per spiragli di dialogo con Teheran, dove la lotta di potere cova sotto le prossime ceneri di Alì Khamenei, vuoi per l’età che avanza, vuoi per le nuove bombe che un ostinato rifiuto all’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) attirerebbero.
L’intesa tra Rwanda e RDC, ha una potenziale valenza interregionale. Infatti, mentre affiorano prospettive di tregue e forse di pace in Medio Oriente, ha aperto il sipario su semi-ignorati confitti in Africa, che n’è purtroppo gonfia. Contribuirà – speriamo – a evidenziare quanto pericolosa sia la ramificazione del fondamentalismo sunnita, che ora punta all’Africa Australe.
I terroristi islamisti hanno imperversato negli ultimi decenni dal Sudan all’ex Francafrique, prima favoriti, poi mischiandosi e infine sovrapponendosi (facendosene bandiera) ai contrasti economici, etnici, tribali, regionali e locali. Sono penetrati fin nel Mozambico del nord, cavalcando segnatamente lo sfruttamento conteso di miniere di gas sottomarino.
Anche laggiù, dove una guerra civile oppose per un ventennio abbondante il Frelimo e la Renamo dall’indomani dell’abbandono portoghese, con una pace mediata dal Vaticano attraverso la Comunità di Sant’Egidio e firmata da fazioni stremate dopo un milione di vittime (compreso il giornalista Almerigo Grilz testimone caduto sui campi di battaglia). L’America di Trump persegue nel Continente nero i propri interessi. Si conciliano con quelli dell’Unione Europea segnatamente laddove il nemico comune resta il fondamentalismo islamico.
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