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La riflessione
06 Luglio 2025 - 11:09
Elly Schlein
Ci hanno riempito la testa, e molto altro ancora, con il “campo largo”, volendo far credere di aver trovato la “squadra” giusta - di tutto e di più - per poter vincere la futura partita contro il centrodestra e la premier fuoriclasse Meloni.
Ma, dopo un lungo campionario di balle - verrebbe da dire, campionato - per restare nella efficace metafora calcistica, oggi, oltre all’addio al “campo largo” mai esistito, se non in posa nelle foto pre-referendarie di gruppo per ostentare una forza che non c’era e non ci sarà, la odierna mega “invasione di campo” nel Pd è una netta sfiducia per la Schlein, da manifesta retrocessione politica.
In queste ore, la proliferazione di decine e decine di sigle, gruppi, cespugli, tutti definitisi portatori di idee nuove di cambiamento nel partito, accanto alle tradizionali correnti, prova che il maggior partito della sinistra è ormai ingovernabile, senza una linea credibile. Ognuno vuol giocare la “propria partita” e tra tante crescenti critiche emerge che la panchina della “trainer” Elly traballa.
Come sempre eccessivo e esagerato nei suoi roventi strali, De Luca ne definisce i responsabili “dementi” per non aver azzeccato una sola mossa. Comunque, metafore, parabole a parte, la situazione nel campo piddino è plurifallimentare: la leader non è riuscita a fare sintesi con le componenti di sinistra, i cespugli e i cespuglietti che siano, a mettere insieme un’opposizione articolata pur tra distinte sensibilità.
Altrettanto non le è riuscito di fare all’interno del partito, ridotto a militanze in larga parte insoddisfatte, per dirla con un verso di Salvatore Di Giacomo, da “penziere scuntente”: il massimo cioè dello scoramento e della sfiducia. Giova qui sottolineare, per ironia della sorte, che, quest’anno il tesseramento 2025 del Pd, annunciato e promosso, era ed è esplicitamente nel segno dell’unità, per come sono giunte a stare le cose, la realtà, invece, indica ben altro che si è al marasma.
In cui va incluso anche il recente scorretto comportamento della leader del Pd, che ha disertato il tradizionale ricevimento, del 4 luglio, a Villa Taverna, sede dell’Ambasciata americana, per la celebrazione dell’Independence day Usa, cioè la giornata evocativa della indipendenza risalente al 1776. Un’assenza criticabile sotto ogni profilo, politico e caratteriale, da giudicare comunque grave, avendo la Shlein anche la cittadinanza americana.
A questo punto è di rigore ampliare il discorso. Ogni anno di questi tempi, Goffredo Bettini, figura prestigiosa della sinistra, ideologo del Pd, di ritorno in Italia, dopo aver trascorso un inverno più mite in Thailandia, con la sua puntuale intervista di inizio estate, ama ricordare ancora una volta alla sinistra, che non potrà mai vincere perché nel suo schieramento manca l’anima liberale, la più rassicurante per l’elettorato.
Di qui il suo accorato invito al Pd a dotarsene, destinato però a cadere nel vuoto fino a quando la Schlein resterà in sella, illudendosi quest’ultima che l’apporto di un centro truccato, diciamo pure renziano, potrà salvarla. Se ha una tentazione del genere provi a chiarirsi le idee sulla vera identità di quest’area, tracciata di recente magistralmente da Marco Follini, vicepremier nel secondo governo Berlusconi.
“Il centro non è una moda - ha dichiarato - Non prevede leader troppo solitari, non contempla percorsi affrettati e scorciatoie. Ha a che vedere con la storia non con la cronaca. Se si costruisce il centro su un presupposto leaderistico e troppo concentrato sulle figure che stanno al vertice, si rischia di costruire una piramide altissima con un base destinata a franare. Il tema non è cosa il centro chiede per se stesso, ma cosa offre al Paese. Oggi il centro autentico è il tutore di una certezza preziosa che è quella della collocazione internazionale del Paese. Che il governo di centrodestra sta portando avanti con la massima lealtà contro le ambiguità della sinistra, i suoi alleati pentastellati e il “randagismo” politico secondo le convenienze stagionali.
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