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carte da viaggio
15 Luglio 2025 - 10:10
La densità dei vip che, in questo periodo, affiorano nelle isole del Golfo appare inquietante. Jennifer Lopez, Elton John, Bono Vox, Placido Domingo, l’ex sindaco di Londra, Boris Johnson, sono solo alcuni dei protagonisti che nuotano, in questi giorni, sulle coste campane. Un fascino costante, irresistibile che dura, praticamente, dal Novecento. Allora, tutto era più complesso. Trasporti difficili, accoglienza spartana, turismo di frontiera. Era, ad esempio, la primavera del 1949, quando Truman Capote arrivò nell’isola d’Ischia. Non era ancora uno scrittore famoso. “Colazione da Tiffany“ e “A sangue freddo“ sarebbero spuntati dopo. Ma aveva già iniziato a vivere ai confini dell’eccesso.
Con lui, a Forio, quello che fu il suo compagno per oltre trent’anni, John Dunphy. Il primo impatto fuparticolarmente duro. Lo confesserà lo stesso Capote nel suo “Viaggio in Italia“. A bordo del suo vaporetto, troverà condannati diretti al penitenziario dell’ isola di Procida, giovani in attesa di entrare al Monastero di Ischia, turisti qualsiasi. Arriva, getta a terra il suo orologio e lo rompe. Un gesto scaramantico. Raffaele La Capria, però, ne propone una versione diversa: inciampa nella scaletta d’arrivo e vede inavvertitamente rotolare per terra quel che serba nella mano sinistra, orologio compreso. Truman Capote perderà così la misura del tempo e resterà a Forio, nella modesta pensione Di Lustro, senza acqua corrente, per 4 mesi.
Sorprendentemente, incontrerà sull’isola la vedova di Mussolini, lì con i suoi tre figli e scriverà “Summer Crossing“, incontro d’estate, che verrà pubblicato postumo solo nel 2006. Spesso lo scrittore si reca a ritirare la posta e, sulla strada, si ferma nel mitico Bar Maria di Forio, frequentato da molti intellettuali italiani e stranieri come Wystan Auden, Werner Gilles, Alberto Moravia, Elsa Morante, il principe Enrico d’ Assia e l’attrice LizTaylor. Un’atmosfera internazionale. Maria Senese commenterà, negli anni, che Truman Capote adorava il suo whisky. Ma lo scrittore americano, in un libro degli anni ottanta, sottolineerà che lì lo scotch era sempre annacquato. Storie d’estate, al tavolo di un bar, quando ogni protagonista non sbarcava su un’isola a caccia di un locale e di un microfono ma inseguiva la tranquillità di un luogo anonimo e selvaggio dove recuperare la meraviglia della propria creatività.
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