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L'analisi
24 Luglio 2025 - 08:42
Da un lato ci sono quei parlamentari, ex magistrati, che tuonano in aula con parole apocalittiche, stracciandosi le vesti. Sul fronte opposto, la maggioranza di governo, esultante per l’approvazione di ieri, in Senato, del disegno costituzionale sulla riforma della magistratura che prevede la separazione fra magistrati requirenti (i pubblici ministeri) e quelli giudicanti.
Ma nessuno dice che si tratta dell’ennesima farsa sulla pelle degli italiani, tanto meno lo dicono i magistrati, i quali sanno bene quali stratosferici privilegi avrebbero perso se fosse andata avanti l’unica riforma effettiva in grado di ripristinate in Italia la democrazia: l’equiparazione numerica, dentro i Consigli Superiori, fra membri laici scelti dal Parlamento e membri togati.
Invece, gattopardescamente, si è scelto di offrire un contentino agli italiani, fingendo che questa riforma avrebbe cambiato il sistema di predominio assoluto della magistratura sugli altri poteri dello Stato. Fumo negli occhi. Perché in sostanza, da questo punto di vista, non cambia assolutamente nulla. Il punto centrale della riforma era e resta l’articolo 104, quello che davvero avrebbe potuto produrre un sano riallineamento dei poteri, perché stabilisce la quota di togati (attualmente i due terzi) rispetto ai laici (attualmente un terzo).
Sapete cosa dice il testo della “nuova” riforma? Che nei 2 Csm nascenti (uno per i pm e l’altro per i giudici) i componenti saranno «estratti a sorte per un terzo da professori ordinari di università ed avvocati (…) e per i due terzi da magistrati giudicanti e magistrati requirenti».
Esattamente come adesso: maggioranza schiacciante dei magistrati che giudicano i magistrati, senza alcun altro potere, per i membri laici, se non quello di fare il tifo, o occupare poltrone, privi come sono di qualsiasi potere decisionale. Sarebbe come se, in una partita di calcio, l’arbitro vestisse la maglia di una delle due squadre in campo.
Questa era – e resta – la condizione dell’Italia, unico Paese al mondo in cui il Parlamento, la volontà popolare, è relegata nel cantuccio di un terzo, meramente figurativo, tanto per non dire che i magistrati continueranno a suonarsela e a cantarsela da soli anche con la nuova riforma. Come del resto hanno sempre fatto dal 1947 ad oggi e per il futuro.
Ma tutto questo Alice non lo sa. Ci si guarda bene dal raccontarlo agli italiani che ogni anno, sbigottiti, vedono 1000 innocenti finire dietro le sbarre, salvo poi un frettoloso “ci siamo sbagliati”, quando la vita e il lavoro sono andati in pezzi. Tanto, non paga nessuno, di certo non i magistrati che hanno sbagliato, sempre accolti con benevolenza nella loro confort zone preferita: Csm.
Però, almeno, che non si prendano in giro gli italiani. Questa riforma, anche se dovesse essere definitivamente varata, è solo un pannicello caldo. Che, nella sostanza, lascia intatti privilegi immarcescibili e insostenibili, inesistenti in qualsiasi altro Paese civile.
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