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L'intervento

Affaire Salvini, lo scontro tra toghe e Governo riparte

E siamo di nuovo punto e a capo nella lunga guerra guerreggiata tra governo italiano e magistratura

Affaire Salvini, lo scontro tra toghe e Governo riparte

Matteo Salvini

E siamo di nuovo punto e a capo nella lunga guerra guerreggiata tra governo italiano e magistratura, per il tramite “dell’affaire Salvini”. Questa volta, a nostro avviso, il buon ministro dei trasporti c’entra poco o nulla. Rimane solo uno strumento nelle mani della Procura palermitana.

Una sorta di ostaggio per imbastire una pressione sul Governo Meloni per soprassedere, magari temporaneamente, all’approvazione della Riforma della Giustizia. E infatti l’obiettivo più che sfacciatamente palese è piuttosto il ministro Nordio e la sua riforma che è arrivato al capolinea con l’approvazione anche in Senato.

E dunque i tempi e le occasioni per intorbidire le acque della politica e del confronto parlamentare (e tra i media) che rimangono in mano ai magistrati riottosi, Anm e opinionisti d’assalto si riducono davvero al lumicino. E allora ecco la geniale “pensata” dei magistrati palermitani: saltare il ricorso in appello e puntare direttamente ad impugnare l’assoluzione di Salvini davanti alla Corte di Cassazione.

Una procedura giudiziaria certamente legittima, ma assolutamente inusuale e certamente più rapida del ricorso in appello. Perché il tempo è davvero poco e i magistrati hanno fretta di rimescolare le carte e, possibilmente, di ribaltare la sentenza di assoluzione per il segretario della Lega.

Con tutto ciò che potrebbe conseguirne. E così l’interesse della politica si riconcentra su questa vicenda davvero singolare e diremmo strumentale e senza senso, di tenere Salvini di nuovo sulla graticola, il Governo in stato di allerta e Nordio sempre più determinato ad andare avanti sul percorso di riforma. Mentre le opposizioni si aggrappano per l’ennesima volta alle toghe rosso-nere sperando che le loro fortune politiche possano schiudersi grazie all’ennesimo aiutino sostanziale predisposto e confezionato dalle sentenze dei giudici.

Ma che Italia è. Quale civiltà giuridica può essere riconosciuta al nostro Paese quando uno stuolo di magistrati estremamente politicizzato (e per fortuna minoritario) crede fortemente e testardamente di poter condizionare giudiziariamente a botte di sentenze e di incursioni le scelte politiche dell’Esecutivo?

È stato così per Salvini, è stato così per la gran parte dei migranti arrivati sul suolo italiano e i loro rimpatri sempre contestati, è stato così per il Centro rimpatri realizzato in Albania, con le polemiche interminabili e le sceneggiate dei parlamentari della sinistra sino in Albania per verificare le condizioni di vita di questi cittadini stranieri, salvo poi a verificare che costoro non avevano mai avuto trattamenti migliori e condizioni di permanenza più favorevoli.

E poi quegli interminabili ricorsi al Consiglio di Stato o alla Corte di Strasburgo su ogni respingimento, anche di un solo clandestino, per verificare se il Paese di origine del migrante fosse o meno sicuro e ancora, chi o quale Paese o Organismo sovranazionale dovesse stabilire questi criteri di sicurezza degli stati terzi. Un vero guazzabuglio internazionale montato ad arte da alcune Procure italiche. Solo per agitare le acque e renderle torbide.

E come se non bastasse, le polemiche interminabili sull’approvazione dei Decreti Sicurezza da poco licenziati dal Parlamento e le lamentazioni ridicole e pretestuose sulla deriva autoritaria del nostro Paese, gridata dalla sinistra parlamentare, dai Centri Sociali e dal solito stuolo di magistrati ideologizzati e partigiani. Provvedimenti legittimi che mirano, al contrario, esclusivamente a riportare fiducia nelle popolazioni di città sempre più ostaggio della microdelinquenza, anche e soprattutto di origini extracomunitaria.

O a coloro che vedono occupate le loro abitazioni e non trovano mai un magistrato disposto ad occuparsi del loro problema. Vadano a chiedere a questa categoria di cittadini svantaggiati se i Decreti Sicurezza realizzano profili di deriva autoritaria o piuttosto sono orientati a difendere cittadini mortificati e terrorizzati dalla violenza del sequestro delle proprie case. In questo scenario davvero disarmante ci avviamo a seguire l’approvazione della Riforma della Giustizia.

Con l’auspicio che coloro che non vogliono accettare le regole della democrazia e remano contro una maggioranza legittima voluta e sostenuta dal popolo sovrano, sappiano ritrovare i motivi del confronto civile e del dialogo, remando nella stessa direzione, per assicurare a questo Paese una riforma della giustizia da troppo tempo attesa e che costituisce, senza alcun dubbio, un ulteriore occasione di crescita civile, sociale ed economica per la Nazione. 

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