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L'analisi

È una guerriglia giudiziaria tra Magistratura e politica

Il potere chiamato a dirimere i conflitti, si presenta come il più rilevante fomite di conflitti

È una guerriglia giudiziaria tra Magistratura e politica

Il livello dello scontro in atto tra la Magistratura e la politica ha raggiunto un grado d’intensità che – nonostante si sia in Italia, dove a questo conflitto da oltre trenta anni siamo adusati – difficilmente può considerarsi compatibile con uno Stato che si definisce ‘di diritto’ e che dunque nelle sue leggi, a partire dalla Costituzione, dovrebbe trovare il riferimento per i propri equilibri.

E, va detto, qui non si tratta d’equilibri dappoco, perché ad essere al centro degli squilibri sono il potere giudiziario e quello legislativo, vale a dire i due poli fondanti la struttura e la stabilità di ogni moderna organizzazione politica: il polo che detta le regole della convivenza civile e dell’architettura istituzionale – il legislativo – e quello che le fa rispettare – il giudiziario – risolvendo per tempo i potenziali o attuali conflitti.

Qui da noi, il potere chiamato a dirimere i conflitti, si presenta come il più rilevante fomite di conflitti, conflitti elevati al livello costituzionale, allorquando contesta la possibilità per il potere legislativo di dare un differente assetto – ed a mia opinione, anche più accorto – all’organizzazione della giustizia penale.

L’ultima, vicenda è la seguente, la quale, pur assai grave, viene ascritta ormai alla consueta guerriglia quotidiana tra giudici e politici, oggi meglio puntualizzata, tra giudici e ministro. Nordio. Quest’ultimo è stato pesantemente criticato da un sostituto procuratore generale presso la Suprema Corte di cassazione, dunque non da un quivis de populo, bensì dal titolare di una funzione di estrema delicatezza perché professionalmente chiamato ad essere la ‘bocca della legge’ davanti ai collegi giudicanti della massima giurisdizione italiana, quella che dice come le coste stanno per il diritto.

Non poco, anche perché le critiche al suo ministro – della Giustizia – sono state sollevate con riguardo alla vicenda che vede quest’ultimo indagato dinanzi al Tribunale dei ministri, per non avere dato esecuzione al mandato della Corte penale internazionale che voleva ristretto in un istituto penitenziario italiano un poco di buono, ma anche generale libico.

C’è una norma che vieta ai magistrati di pronunciarsi su processi in corso, ed il Nordio se l’è presa, mi pare a ragione, per quest’entrata, come si suol dire a ‘gamba tesa’, nella vicenda giudiziaria da parte di un alto magistrato, il quale peraltro in via Arenula ha svolto per lungo tempo compiti di gran rilievo.

Il Nordio ha ipotizzato di valutare nei suoi confronti l’avvio d’un procedimento disciplinare, procedimento che dovrebbe svolgersi innanzi alla Sezione disciplinare del Csm. E cosa fa quest’ultimo, che dovrebbe essere, in una limitata composizione, il giudice del procedimento disciplinare?

Apre in tutta fretta e con gran tensione, un fascicolo a tutela del magistrato in questione, meritevole di ‘protezione’, nei confronti, anche questa volta non d’un quivis de populo, bensì dal titolare della Giustizia, l’unico ministro nominato individualmente in Costituzione – e per ben due volte, agli artt. 107 e 110 – quello stesso al quale la carta fondamentale assegna il potere d’esercitare l’azione disciplinare.

Dunque, il Csm, l’organo che dovrebbe svolgere, attraverso la Sezione disciplinare, la funzione di giudicare disciplinarmente il magistrato nell’organico della Suprema Corte qualora il Nordio dovesse esercitare la propria costituzionale prerogativa d’attivare l’azione disciplinare, decide preventivamente – prima di conoscere le ragioni dell’eventuale azione – d’aprire una pratica a tutela del magistrato medesimo, ipotizzando che il titolare per costituzione dell’azione disciplinare possa voler perseguitare il giudice. Non male, come groviglio ai vertici dello Stato.

Anche perché davvero non si comprende come un organo il quale abbia avvertito la necessità di proteggere un giudice dalle mire ostili del ministro della Giustizia possa poi essere chiamato a giudicare dell’eventuale azione disciplinare che quest’ultimo decidesse d’avviare. Misteri del labirinto italiano.

Nel frattempo, l’ex ministro della Cultura, il molto avveduto ed assai introdotto ministro Franceschini, ha tenuto alla Camera dei deputati un’allocuzione parecchio allusiva, con riguardo alle due indagini avviate dalla Magistratura italiana nei confronti di importanti esponenti Pd, il sindaco di Firenze e l’ex sindaco di Pesaro, attuale candidato presidente alle elezioni regionali nelle Marche.

E sembrerebbe aver voluto suggerire che l’attivismo giudiziario nei confronti del Pd starebbe lì a dover esser letto qual segnale dell’esigenza di far fronte comune contro la riforma costituzionale voluta dalla maggioranza guidata dall’onorevole Giorgia Meloni. Sinceramente, io non so se tutto debba passare come normale in un Paese che si dichiara civile, regolato dalle leggi, al vertice delle quali c’è una Costituzione che affida al Parlamento il dovere di stabilire le regole, alla Magistratura d’attuarle ed alla Corte costituzionale di verificarne la compatibilità con la carta fondamentale.

Che un ministro della Giustizia venga identificato quale persecutore potenziale d’un inerme magistrato che abbisogna di protezione da parte dell’organo – il Csm – che dovrebbe giudicarlo per le sue condotte quale collegio terzo, e che un autorevole rappresentante della minoranza parlamentare molto sensibile ai desiderata della Magistratura avverta la necessità di dire in Parlamento che le indagini giudiziarie a carico del Pd possano essere lette quale segnale (di qual natura…) dell’insufficiente impegno del partito e dei suoi alleati a protezione della Magistratura medesima, a me paiono fenomeni difficilmente riducibili ad un Paese retto da una Costituzione e da un’architettura di regole giuridiche, bensì piuttosto consonanti conun ambiente in cui ognuno si difende da sé, mandando messaggi di varia natura, prospettando prove di forza, agendo come non ci fossero limiti. Bene, basta saperlo, per poter almeno aver consapevolezza che ci si deve proteggere da soli.

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