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17 Agosto 2025 - 09:32
Donald Trump e Vladimir Putin
Donald Trump e Vladimir Putin spalancano le porte alla pace tra l’Occidente euroatlantico e l’Occidente euroasiatico. E a dispetto dell’Unione Europea, come previsto. Non hanno influito negativamente sul summit in Alaska, al punto da segnarne il fallimento, le raccomandazioni e i moniti provenienti dalle capitali dei maggiori Paesi del Vecchio Continente, a cominciare da Londra, corresponsabile anche di questo conflitto.
“Fosse stato Trump alla Casa Bianca, questa guerra non sarebbe scoppiata”, ha sottolineato Putin. Il senso e il successo del vertice è tutto in queste parole. Le riserve di Bruxelles pesano, sì, ma fortunatamente non in misura da spingere Trump a seguire la rovinosa e cinica strategia dei suoi predecessori influenzati dal miraggio dello smembramento dell’impero russo e delle sue riserve minerarie ed energetiche.
La storia si dipana nella ricerca inesauribile di nuovi equilibri che assicurino più o meno lunghi periodi di stabilità internazionale. Stati Uniti e Russia, le massime potenze nucleari del pianeta, ritengono che sia giunto il tempo del negoziato dopo oltre dieci anni di guerra civile in Ucraina, tre anni fa sfociata nel conflitto sia diretto tra Kiev e Mosca, sia indiretto tra Est ed Ovest. È questo il momento di deporre le armi e riaffidare alla diplomazia il compito di cauterizzare le ferite e raggiungere i necessari compromessi.
Avere il coraggio delle rinunce, l’intelligenza di comprendere le ragioni del nemico da rendere prudentemente avversario e poi, chissà, di nuovo amico. Il prossimo futuro ci dirà come-quando-quanto potrà svilupparsi del programma di massima che Putin e Trump hanno concordato.
Rinnovo dei trattati sulle armi atomiche; ripristino e potenziamento dei canali commerciali; sviluppo della collaborazone spaziale; sistematiche consultazioni volte a ridurre le reciproche diffidenze; controllo dell’Intelligenza artificiale; sfruttamento delle risorse minerarie (terre rare) e dell’Artico (ora con le nuove rotte che s’aprono); i confini delle sfere d’influenza… e via elencando. Una Russia insomma ‘neutrale’ e collaborativa tra Usa e Cina, con la funzione di bilanciarne la rivalità planetaria. Un quadro che non convince purtroppo l’Unione Europea.
Nell’area dell’ex Patto di Varsavia come della stessa Urss (Paesi baltici e Caucaso) e degli ex Paesi neutrali confinanti (Finlandia, Svezia) non ancora è stata smaltita l’eredità di odio accumulato durante l’oppressione del comunismo sovietico. A questo si aggiungono dubbi e timori di Berlino e Parigi.
La Germania, vittima designata di una guerra provocata pure dai suoi rapporti con la Federazione russa e la Cina, dovrebbe profittare di una prospettiva di pace che le permetta, se non di ricucire subito, almeno rattoppare quelle relazioni. E procedere ad una riconversione industriale non basata soltanto sul riarmo.
Discorso simile per la Francia, scossa da convulsioni politiche, dalle correnti islamiste che l’attraversano, dall’espulsione dall’Africa: l’indipendenza della sicurezza europea resti tra gli obiettivi primari ma non un velleitario traguardo immediato imposto da esigenze meramente economiche.
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