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21 Agosto 2025 - 15:18
Esplosioni a Gaza
I media “mainstream” occidentali hanno dimostrato, ancora una volta, la propria selettività strategica nella copertura dei conflitti globali. Mentre Gaza e Ucraina dominano le prime pagine, decine di guerre sanguinose e devastanti vengono sistematicamente ignorate o marginalizzate, rivelando una gerarchia delle vittime che risponde più alla convenienza politica che alla gravità della situazione umanitaria.
Il Sudan rappresenta l'esempio più lampante di questa distorsione mediatica. Dal 2023 il paese affronta quello che le Nazioni Unite definiscono "la più grave crisi umanitaria al mondo". Il conflitto tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF) ha gettato oltre 24,6 milioni di persone - la metà della popolazione - in uno stato di insicurezza alimentare acuta,con oltre 12 milioni di sfollati.
La violenza ha raggiunto livelli apocalittici: nel solo 2024 sono stati documentati migliaia di omicidi, a fronte di un numero complessivo imprecisabile di delitti e di vittime civili e militari causate dai combattimenti tra le fazioni. Le Nazioni Unite hanno confermato la carestia in cinque aree, mentre la violenza sessuale sistematica viene utilizzata come arma di guerra su scala "sbalorditiva”.
Eppure, questo inferno riceve unapiccola frazione dell'attenzione mediatica riservata ad altri conflitti. La ragione è chiara: il Sudan non serve alle narrazioni geopolitiche occidentali. Dall’ultimo colpo di stato militare del 2021 - solo per non andare più indietro nel tempo -il Myanmar (Birmania) è precipitato in una guerra civile devastante che ha causato oltre 50.000 morti, inclusi circa 10.000 civili.
Il regime militare ha commesso crimini contro l'umanità su larga scala, utilizzando tattiche da "terra bruciata" che includono il bombardamento sistematico di villaggi e scuole. Nel 2024, i gruppi di resistenza hanno ottenuto vittorie significative, conquistando vastissime zone del tormentato paese asiatico.
Tuttavia questo conflitto - che ha visto la nascita di decine e decine di nuovi gruppi armati dal 2021 - rimane largamente invisibile nei media occidentali. La regione orientale della Repubblica Democratica del Congo vive da oltre tre decenni in stato di guerra permanente. Il conflitto, intensificato dalla rinnovata offensiva del gruppo M23 nel 2021, ha causato oltre 7,8 milioni di sfollati interni: il numero più alto mai registrato.
Questo eterno conflitto riceve attenzione mediatica solo durante brevi esplosioni di violenza, per poi scomparire nuovamente e velocemente dai radar dell’informazione Haiti rappresenta un caso unico di crisi politico-criminale. Le bande criminali controllano l'85% di Port-au-Prince, la capitale e si espandono nelle province, con oltre un milione di sfollati e migliaia di brutali omicidi registrati nel 2024.
La coalizione criminale "Viv Ansanm" ha addirittura trasformato la violenza da strumento economico a mezzo di “governance” alternativa. La crisi haitiana sta dimostrando come il collasso statale possa generare forme ibride di controllo territoriale, ma Haiti riceve attenzione internazionale solo quando i rifugiati tentano di raggiungere le coste americane. La regione del Sahel, in Africa, continua a essere devastata dall'espansione dei gruppi jihadisti.
Nel 2024, il 51% di tutti i morti per mano di gruppi terroristici, prevalentemente di matrice islamica, sono risultati appartenere a questa regione. I gruppi affiliati ad Al-Qaeda (JNIM) e allo Stato Islamico (IS Sahel) hanno intensificato gli attacchi utilizzando, sempre più massicciamente, droni e ordigni esplosivi.
L'offensiva di JNIM ha raggiunto persino Bamako, la capitale del Mali, in un attacco simbolicamente devastante contro il regime militare e i mercenari russi della ex Wagner operanti sul territorio. Tuttavia, questa escalation riceve copertura mediatica sporadica e superficiale. Dal 2016 le regioni anglofone del Camerun sono teatro di un conflitto che ha causato un numero elevatissimo di vittime.
I separatisti della regione dell’Amazzonia e le forze governative hanno commesso crimini atroci contro la popolazione civile, inclusi un numero enorme di omicidi, di violenze sessuali sistematiche e di attacchi deliberati a scuole e ospedali. Più di 300.000persone sono state sfollate, mentre i separatisti hanno imposto il divieto dell'educazione governativa, privando centinaia di migliaia di bambini del diritto all'istruzione.
Ma anche questo conflitto rimane quasi completamente assente dai media internazionali. L'evidenza è schiacciante: non tutte le guerre sono uguali agli occhi del mainstream giornalistico. Questa disparità non è casuale, ma riflette precise considerazioni strategiche e finanziarie che determinano quali conflitti meritano attenzione e quali sono destinati all'oblio.
Come osserva il giornalista Anjan Sundaram, "la voluta scarsità di notizie su tali zone di guerra è conseguenza di un sistema di informazione internazionale ancora strutturato in relazioni di tipo coloniale". Questa mentalità perpetua un sistema in cui molti conflitti africani, asiatici e latinoamericani vengono sistematicamente presentati poco e male all’opinione pubblica e guerre di dimensioni e intensità rilevanti in questi paesi lontani sono ancora volutamente poco raccontate nei notiziari internazionali.
La realtà è che alcune guerre servono alle polemiche politiche del momento e parlarne serve a indirizzare e orientare adeguatamente queste polemiche, altre no. L'Ucraina è geograficamente e culturalmente vicina all'Europa, coinvolge superpotenze nucleari e si inserisce perfettamente nella narrazione della democrazia contro l'autoritarismo.
Gaza tocca le sensibilità post-coloniali e i sensi di colpa occidentali in relazione all' Olocausto e al conflitto israelo-palestinese. Al contrario, le guerre "dimenticate" non offrono narrazioni semplici o vantaggi geopolitici chiari. Il Sudan non ha petrolio strategico, il Myanmar non minaccia direttamente l’“ordine”occidentale, la Repubblica Democratica del Congo è troppo africana per suscitare empatia di massa, mentre Haiti è considerata come un problema regionale americano che non offre appigli a narrazioni politicamente sfruttabili in termini di convenienza.
Questa indifferenza selettiva ha conseguenze concrete e pericolose: la mancanza di attenzione mediatica determina come vengono distribuiti gli aiuti, come vengono elaborate le relazioni politiche e quanto supporto internazionale deve ricevere una crisi. E non è roba da poco.
Il risultato è un sistema internazionale che condanna esplicitamente e duramente alcune guerre mentre ne ignora altre, perpetuando così cicli di violenza nelle zone "dimenticate" del mondo. Le guerre che non servono agli interessi o alle narrazioni occidentali vengono abbandonate, dunque, al loro destino, indipendentemente dalla loro gravità in termini umanitari o per quanto concerne il numero dei morti ammazzati.
La verità scomoda è che la gerarchia mediatica delle vittime riflette e rinforza una gerarchia globale del potere, dove alcune vite contano più di altre non per la loro intrinseca dignità, ma per la loro utilità strategica e tattica nel grande gioco della politica internazionale. E questa diventa, così, la più crudele delle guerre dimenticate: quella contro l'uguaglianza delle vittime davanti alla Storia.
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