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La riflessione

A Pippo Baudo e alle sue (rare) istantanee senza ossequio

La narrazione dell'uomo è stata votata alla scelta apologetica, mascherandola da accuratezza biografica

A Pippo Baudo e alle sue (rare) istantanee senza ossequio

Pippo Baudo

La premessa è che il mondo è libero di esprimere i suoi eroi come i suoi aguzzini, che talvolta coincidono. Detto ciò, non c'è ora, ma che dico ora, non c'è minuto o giù di lì che non compaia sul web un articolo, un'intervista, un ricordo, un sussulto che non parli esplicitamente oppure evochi in qualche modo Pippo Baudo. 

I mass media, tutti indistintamente, con le loro ossessive litanie sull'argomento, ne sono stati e ne sono solo la logica conseguenza. E questo dal 16 agosto, giorno della morte a Roma del conduttore televisivo, peraltro già da tempo ritiratosi dalle scene e, comunque, ancor prima e non necessariamente per fondati motivi, escluso o dimenticato da molti di coloro che oggi lo commemorano e imperterriti lo osannano.

È il destino degli uomini, e non solo di quelli famosi. Resta il fatto che la morte per alcuni di loro - non per tutti - diventa una specie di cartina di tornasole, rivelando (chissà perché) solo il lato buono, e non facendo accenno alcuno, se non nei ritagli più infimi e retrocessi dell'informazione, alla parte più contraddittoria, meno edulcorata, più insicura e meschina e, in definitiva, più umana.

Tutta la narrazione dell'uomo Baudo, invece, è stata votata alla scelta apologetica, mascherandola da accuratezza biografica. Le testimonianze dissonanti sono state sparute e per lo più inconsistenti, non tanto per l'autorevolezza degli autori o per la veridicità degli argomenti trattati, quanto per il fatto che, nel marasma di ricordi benevoli, deferenti ringraziamenti e rintocchi santificanti, un Pupo, che dice di aver tratto forza dell'indifferenza del nostro "uomo universale", o una Gerardina Trovato, che afferma che sarebbe bastato un suo cenno per rilanciare una carriera agli sgoccioli, non fanno altro che dare ancora più vigore alla leggenda del valore (e del potere) assoluto - una specie di Re Sole del tubo catodico - dell'uomo di spettacolo, ma forse non solo.

Le sue capacità di mettere d'accordo tutti, al di là e al di qua del palco su cui si esibiva e indipendentemente da età, colore politico e fede religiosa, infatti, la dice lunga sulle capacità professionali, morali, artistiche e di (buon) governo di Superpippo.

Del resto così lo percepivamo tutti, nessuno escluso, quando la sua figura imperversava in lungo e in largo sui canali Rai - per carità quello doroteo era il suo habitat naturale - e io stesso, tanto da ragazzo quanto da adulto, ne apprezzavo la sobrietà e l'equilibrio, che ha sempre (in apparenza) conservato anche nei rari momenti di "imbarazzo" causatigli dai memorabili sketch/interviste con mostri sacri dell'improvvisazione (e della libertà dissacratoria) come Massimo Troisi e Roberto Benigni.

Ecco è lì che vorrei finire con l'andare, oltre il clamore delle tante cose belle fatte e il silenzio delle (forse) poche scelte sbagliate compiute, dove l'uomo con le sue lodi e i suoi inchini non può arrivare, a quelle (rare) istantanee dove la risata era di gusto, l'abbraccio davvero fraterno e la parità dei cuori un'opzione non negoziabile. Privilegi che raramente la vita ci dona e che solo la morte - una volta serbato il ricordo migliore di ciascuno - ci può restituire. 

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