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La riflessione

Italiani e francesi, cugini ma non fratelli

Le relazioni difficili tra i nostri due Paesi testimoniano le loro differenze

Italiani e francesi, cugini ma non fratelli

A prima vista si pensa che italiani e francesi siano popoli simili. Dopo alcune settimane di studio dell’italiano, un francese se la cava abbastanza bene, eppure dopo cinque anni continua a fare errori. Perché ciò che si assomiglia non impedisce di essere in opposizione.

Anche senza aver studiato, un francese capisce cosa vuol dire “cercare” e cosa vuol dire “provare”, se non fosse che nella sua lingua si dice “chercher à” e “essayer de”, il che lo trarrà in inganno fin quando continuerà a pensare nella propria lingua per parlare italiano.

Sul piano diplomatico, le relazioni difficili tra i nostri due Paesi testimoniano le loro differenze. «Vorremmo amarci perché siamo cugini, ma non ci riusciamo perché siamo molto più diversi di quanto l’aria familiare tra noi possa far credere».

Questa diversa visione del nostro sistema sociale e dei suoi modi di pensare è stata illustrata nella tappa ciclistica tra Albertville e La Plagne dell’ultimo Tour de France. Due cronisti della Rai commentavano in diretta lo svolgimento della gara. Su una strada abbastanza larga, ma con una salita importante con una pendenza del circa 12%, uno spettatore correva accanto a un ciclista per incoraggiarlo.

Il passeggero della moto ufficiale di controllo della corsa ha spinto violentemente il tifoso, perché violava il regolamento della gara. “So che è vietato correre sulla strada”, ha detto il giornalista della tv italiana, “ma è esagerato, perché il tifoso in questione non rappresentava un pericolo”.

Questo mi ha fatto tornare in mente le violenze della polizia contro i gilet gialli che manifestavano senza autorizazone nel 2018. Qualche minuto dopo questo piccolo incidente, c’è l’arrivo della tappa: il corridore olandese Thymen Arensman vince, mantenendo circa 15 metri di vantaggio sui due grandi leader che lo inseguivano. Il controllore antidoping si precipita sul vincitore facendo quasi cadere il portatore della maglia gialla, arrivato terzo.

“Che gli organizzatori di questa prestigiosa gara vogliano controllare tutto, si può anche capire”, commenta il giornalista italiano della Rai, “ma è esagerato metterci tanta rabbia”. In Francia il regolamento prevale sul buon senso, al contrario dell’Italia.

Qualche anno fa sono arrivato in ritardo all’aeroporto di Roissy per prendere l’aereo. Con mio grande sollievo, l’aereo era in ritardo di oltre un’ora e mezza. Di fronte alla mia gioia per non perdere il volo, l’impiegata del checkin, cresciuta “alla francese”, mi disse che le dispiaceva farmi imbarcare perché è previsto che bisogna registrarsi 35 minuti prima dell’orario di partenza.

Ora che il check-in si fa senza personale, forse il suo desiderio è finalmente stato esaudito. Basterebbe bloccare le macchine del check-in per impedire ai passeggeri di registrarsi da soli. Da quel momento non ho più volato con Air France, che prospera molto bene anche senza di me, mentre Alitalia, molto più simpatica, ha chiuso per fallimento.

In Francia lo Stato è centralizzato fin dai tempi di Luigi XIV, e bisogna aderire alle regole che esso detta, altrimenti si viene puniti. Anche una socialista, ministra di Mitterrand, come Georgina Dufoix ha dichiarato pubblicamente: “La Francia, o la ami o la lasci”. Al contrario dell’Italia, un Paese più recente e più eterogeneo, che lascia più spazio alla diversità e agli individui.

“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”: con questa frase, Massimo D’Azeglio voleva dire che, sebbene l’Italia fosse unita geograficamente e politicamente dal 1861, in essa, allora come oggi, sembrano continuare a regnare le differenze tra le regioni e la popolazione continua a essere sostanzialmente un miscuglio di popoli diversi — non solo per l’attaccamento a tradizioni e dialetti differenti, ma anche per uno scarso senso di vera unità.

L’obbligo di far parte integrante della Nazione e di aderire pienamente al discorso nazionale è molto più forte in Francia che in Italia. Numerose conseguenze derivano da questa differenza, sia a livello sociale che economico. L’Italia è composta da piccole imprese, mentre la Francia è dominata da grandi gruppi. Indipendenza, creatività e libertà d’espressione da parte italiana; efficienza, uniformità e comunicazione accuratamente controllata da parte francese.

Francia e Italia si rivelano quindi, a uno sguardo attento, due società diverse dal punto di vista sociologico. Questo spiega meglio perché facciamo così fatica a capirci… anche se tutti capiscono al primo incontro che «Buongiorno, sono contento di vederti» vuol dire «Bonjour, je suis content de te voir». Anche le parole di Salvini, il ministro italiano, rivolte al Presidente Macron “Attaccati al tram” sono state di facile comprensione per lui... anche se pronunciate in dialetto lombardo!

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