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L'analisi

San Carlo, l’ombra lunga di nomine senza pace

La vicenda denuncia uno dei tratti fondamentali della nostra disgraziata Repubblica: l’irrilevanza delle competenze, dei saperi, delle esperienze specifiche

San Carlo, l’ombra lunga di nomine senza pace

C’è qualcosa che non va per il nostro San Carlo. Si presenta come una delle gemme della nostra città, il Lirico più antico d’Italia, una gloria che compete a tutto titolo con la Scala milanese, una di quelle istituzioni che da sempre, anche nei momenti più bui della città, hanno brillato ed hanno costituito indiscusso riferimento culturale e cultuale dell’intero Paese.

Eppure, sono anni che ormai sembrerebbe avere modificato il suo profilo. Da quando l’allora ministro della Cultura si provò ad imporre un proprio candidato, collegato alle beghe della Rai, sembrerebbe che il nostro Lirico non sia in condizioni di trovar più pace. Sthèphane Lissner, il soprintendente di cui si tentò il disarcionamento, addirittura a mezzo di legge, rimase in sella grazie all’intervento dell’autorità giudiziaria.

Ed è andato via alla sua naturale scadenza, da ormai un cinque mesi o giù di lì. Oggi, la maggioranza del Consiglio d’indirizzo del Teatro ha designato per ben due volte Fulvio Macciardi a nuovo Sovrintendente dell’istituzione; per ben due volte, il sindaco di Napoli ha impugnato innanzi agli organi della giustizia, ordinaria ed amministrativa (che ora dovranno anche contendersi la competenza a decidere, ma questa è un’anomalia tutta del nostro strano Paese dove non si sa, né si può sapere neppure a qual giudice ci si debba rivolgere) le decisioni assunte dalla maggioranza dal Consiglio d’indirizzo, che egli peraltro presiede. Ne so davvero poco di questa vicenda cui assisto, relativamente sorpreso, da privato cittadino.

Anzitutto osservo che, per quanto io ne sappia poco, non mi pare che i componenti del Consiglio d’indirizzo, tutti di nomina politica, salvo il sindaco che ne è Presidente di diritto, possano esibire titoli di competenza superiori ai miei, cioè nessuno. Non scendo dalle nuvole, naturalmente. Sobene che le nomine son nomine e che è la politica a decidere chi debba andare e dove, una volta rispettati minimali requisiti, quand’anche richiesti.

Però, la lirica è lirica ed il San Carlo è San Carlo. Probabilmente, non sarebbe stata inopportuna una maggiore aderenza curriculare dei componenti del Consiglio d’indirizzo, le cui scelte avrebbero quindi potuto imputarsi alla loro competenza specifica, senza sospettarsi d’altro.

Perché è inutile nascondersi che, se tutta questa tensione è emersa al di fuori di una normale dialettica di collegialità, è anche perché nessuno è in grado in quel consenso d’esprimere una parola autorevole, di dare una motivazione della scelta che sappia mettere in evidenza le doti del nuovo Sovrintendente, in qualità di Sovrintendente, rispetto ad altri possibili aspiranti: altri il cui nome nemmeno è affiorato, almeno alle cronache, perché a circolare sicuramente sta circolando.

Insomma, questa vicenda denuncia uno dei tratti fondamentali della nostra disgraziata Repubblica: l’irrilevanza delle competenze, dei saperi, delle esperienze specifiche. Tutti vanno bene per ogni luogo, ognuno può discettare d’ogni cosa, nessuno può tacciare l’altro d’incompetenza, invitarlo al silenzio o a dar prova delle proprie attitudini. E quindi, alla logica dell’appropriatezza, all’etica delle responsabilità, al valore del valore si sostituiscono l’improntitudine, l’improvvisazione o la legge della forza.

Ma così va il mondo, e non so se in modo particolare in queste aree. Non direi. Comunque, quel che sorprende l’osservatore è il livello di tensione che è andato ingenerandosi intorno ad un luogo che dovrebbe essere una riserva di finezza. Piaccia o non piaccia –è questione di preferenze personali – se c’è una dote, o un difetto, che non può disconoscersi all’attuale sindaco di Napoli, il professore Gaetano Manfredi, è d’essere un mediatore ad oltranza, un uomo che della profilatura istituzionale ha fatto la sua personale cifra, da sempre.

Personalmente, questa inclinazione la trovo eccessiva e discutibile perché, a mia opinione, è necessario assumere più di frequente visibili e contrastabili posizioni. Ma si tratta d’una mia soggettiva visione delle cose ed anche dell’azione in politica, dunque lascia il tempo che trova.

Ma a destare la mia meraviglia è che, nel confronto con un uomo politico di tal genere – che peraltro del lirico cittadino è il Presidente e legale rappresentante – sia stato possibile le cose degenerassero sino a tal segno. Visto e considerato che il criterio di scelta dei componenti del Consiglio d’indirizzo del lirico cittadino – di rilievo internazionale – è di natura squisitamente politica e non basato in prevalenza su confronti tra competenze settoriali e culturali, per quel che mi risulta la politica è il luogo delle possibilità, della sperimentazione d’ogni soluzione, della mediazione, sinché possibile.

Certo, la politica – nella sua sovranità ultima – è anche la sede della guerra, delle armi, dell’esercizio della forza, quale soluzione ultima. Ma è ovvio che si tratta di soluzione ultima, mentre tutte le altre devono essere sperimentate. Fatte le debite proporzioni, il ricorso al giudice è, in questi contesti, la soluzione ultima, dato che di armi grazie a dio non se ne parla. Quando ci si rivolge al giudice per trovare il Sovrintendente di un teatro, e di che teatro (ed è la seconda volta), qualcosa, ma ben più di qualcosa, non sta affatto funzionando. Parecchio di quel che c’è dietro, se mal non vedo, è stato sottaciuto alla Città.

Non è credibile che tutto nasca da un difetto di colloquio o da un’incomprensione. Naturalmente, possiamo fingere di non vedere e capire; ma la cosa è stata portata sin quasi agli stracci, quindiprobabilmente farebbe bene a tutti un’operazione di verità, oltre che una decente ricomposizione della sgraziata situazione. Non oso immaginare, altrimenti, qual potrà essere il futuro di quel dilacerato Consiglio. Ma in politica – sempre che la politica torni – prima o poi tutto riprende il suo luogo.

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