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LA RIFLESSIONE

La laurea honoris causa è prestigio, non pubblicità

Ormai si tende a concedere la laurea ad honorem con una certa superficialità addirittura assegnandola a persone che hanno la notorietà come requisito massimo

La laurea honoris causa è prestigio, non pubblicità

“La laurea ad honorem può essere conferita soltanto a persone che, per opere compiute o per pubblicazioni fatte, siano venute in meritata fama di singolare perizia nelle discipline della Facoltà o Scuola per cui è concessa”. Sostanzialmente per assegnare una laurea honoris causa ad una persona, questa deve aver portato un contributo importante e riconosciuto a livello nazionale o internazionale.

Con il passare degli anni quasi tutti gli atenei hanno anche previsto che il titolo possa essere conferito a chi si sia particolarmente distinto in attività di grande profilo sociale e questa ultima possibilità, essendo molto larghe le maglie che contraddistinguono “l’attività di profilo sociale”, ha comportato in alcuni casi un allentamento del livello di eccellenza che un tempo la normativa prevedeva.

Insomma si ha l'impressione che ormai si tenda a concedere la laurea ad honorem con una certa superficialità addirittura assegnandola, in qualche caso per fortuna residuale, a persone che avevano la notorietà come requisito massimo, con la finalità di avere un momento di visibilità televisiva e sulla stampa e, diciamo la verità, non per le qualità e i meriti del soggetto cui la laurea viene conferita: insomma essendo a volte difficile ricavare l'alto profilo della persona che riceve il titolo può apparire che esso venga conferito soltanto per ricavarne pubblicità.

Perché non si svilisca una pratica antica e molto prestigiosa come quella della laurea ad honorem, grande responsabilità ricade non soltanto sul magnifico rettore, che ha pur sempre l'ultima parola, ma sul motore primo dell'iniziativa di conferimento che sono poi il direttore, e l'intero Consiglio, proponente che appaiono in alcuni casi operare con un eccesso francamente grave di superficialità dimenticando che l’università ha come stella polare il merito scientifico e il livello di rigore etico, principi da assumere come inderogabili.

Anche perché solo se un ateneo è credibile in termini di rigore e coerenza deve esserlo sempre e non soltanto, per esempio, magari modificando di forza la struttura di dipartimenti con una lunga e prestigiosa storia alle spalle o modificando, ex post, il regolamento per concedere il titolo di emerito, insomma rigore con tutto e su tutto insomma.

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