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LA RIFLESSIONE
08 Settembre 2025 - 08:54
"Il nostro Servizio sanitario nazionale non è perfetto ma è pubblico, universale e accessibile, fondato su principi di equità e solidarietà, che non tutti i sistemi sanitari nel mondo sono in grado di garantire. Ogni giorno, questo sistema si prende cura di milioni di cittadini e di decine di milioni di turisti che visitano il nostro Paese, anche in città complesse come Venezia. E lo fa con professionalità e spirito di servizio. È possibile che si verifichino disservizi, come in ogni sistema sanitario. Tuttavia, non possiamo accettare che un singolo episodio, seppur spiacevole, venga trasformato in una generalizzazione che delegittima l’intero sistema. Ancor meno possiamo tollerare l’idea che sia necessario 'dichiararsi medico' per ottenere assistenza. Il vero privilegio non è dire 'sono un medico', ma vivere in un Paese dove l’accesso alle cure è garantito a tutti, come diritto universale".
Così in una nota (che qui vi ho riportato integralmente) apparsa su Adnkronos il giorno 1 settembre - dalle nostre parti le vacanze sono sacre e a tutto ciò che accade in agosto si dà un'adeguata risposta non prima di settembre - il professor Alessandro Padovani, presidente della Società italiana di neurologia (Sin), esprime la propria posizione in merito a un articolo, "The Triage of Privilege", "Il Triage del Privilegio", pubblicato il 18 agosto scorso su Jama Neurology, una delle più prestigiose riviste scientifiche di neurologia al mondo, letta da milioni di medici, specialisti nelle malattie del sistema nervoso e non, che aveva avuto grande risonanza nazionale e internazionale e determinato non poche reazioni di sdegno pubbliche e private.
Tra le prime c'è quella (appena raccontata) del professor Padovani, tra le seconde quelle di una chat di amici neurologi del mondo delle cefalee italiane. Ma andiamo con ordine. Sempre da Adnkronos riporto fedelmente un sunto della storia che aveva determinato la pubblicazione del suddetto articolo, il quale - si legge - "racconta l’esperienza negativa vissuta da un neurologo statunitense in un Pronto Soccorso di Venezia, dove, a seguito di un trauma cranico — fortunatamente senza gravi conseguenze — avrebbe atteso a lungo senza ricevere adeguata assistenza, sostenendo di aver ottenuto attenzione, solo dopo aver dichiarato di essere un medico".
"Siamo consapevoli delle criticità esistenti" — conclude a tal proposito Padovani — "ma è nostro dovere difendere e rafforzare il Servizio sanitario nazionale, affinché possa continuare a garantire cure e assistenza a chiunque ne abbia bisogno, senza distinzione di status o provenienza".
Tralasciando le reazioni di chi in questo frangente ha versato (e continua a versare) copiose lacrime di coccodrillo su quanto si poteva (e doveva) fare e non si è fatto nell'ambito della medicina d'urgenza, preferisco affidarmi a quanto di certo abbiamo a disposizione. La persona "offesa" non è un fesso qualsiasi ma un neurologo che lavora e insegna tra New Orleans in USA e Brisbane in Australia, mentre la moglie (che era rimasta fuori al pronto soccorso e pressava il marito perchè facesse ulteriori approfondimenti) fa l'oncologa nella stessa città, tutt'altro che periferica, degli Stati Uniti.
Il paziente, per quanto forse un po' troppo apprensivo e puntiglioso, vive nel sistema sanitario tecnologicamente più avanzato al mondo, lo stesso che senza ricchi prelievi di denaro a monte di qualunque prestazione sanitaria neanche si muove. Pur riconoscendo la grande meritevolezza di un sistema (forse sarebbe più corretto chiamarlo apparato) come il nostro così "egualitario e universale" - altrove sarebbe stato necessario fare innumerevoli e costosissime visite private prima di ricevere l'approvazione per un adeguato approfondimento diagnostico o, come dice una mia cara amica che una pari esperienza l'ha fatta a seguito di un suo malessere qualche anno fa negli USA, "se non entri con la carta di credito in bocca non ti degnano neanche di uno sguardo"- va precisato che, sottodimensionati o meno che siano i nostri Pronto Soccorso, un occhio al volo nella civilissima Venezia lo potevano pure dare al nostro paziente (medico o meno che fosse) prima delle 3 ore e più di inutile (e irrispettosa) attesa.
Se dobbiamo proprio rizelarci che lo si faccia con tutti: chi ha depauperato un patrimonio di passioni ed efficienza in sanità; quelli che hanno gestito l'evento contingente con superficialità, noncuranza e arroganza (e ce ne sono); chi ha creduto (alla stregua del migliore e più scafato politico nazionale) che bastasse scrivere due righe a difesa della sanità italiana per autoassolversi e governare uno sdegno che non fa (da anni) che ritorcercisi contro.
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