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La riflessione
12 Settembre 2025 - 09:00
C’è stato un tempo in cui il progresso faceva rima con evoluzione. L’umanità avanzava, a passi incerti ma fiduciosi, verso un’idea di civiltà che poneva al centro la persona, la dignità, la parola, il rispetto. Oggi, invece, ci muoviamo – o forse arretriamo – dentro un’epoca confusa, dove la connessione globale ha sfilacciato i legami umani, quelli autentici, e la libertà sembra spesso ridotta a semplice capriccio.
Le famiglie, un tempo rifugio e fucina di valori, si sono fatte fragili, silenziose. Le cene condivise hanno ceduto il posto agli schermi accesi, ai monologhi interiori, ai pensieri solitari. E così, sulle spalle di insegnanti appassionati e maestri dimenticati, grava il peso di provare a seminare nelle nuove generazioni il senso del vivere insieme, della gentilezza come forma di forza, del rispetto come base del confronto.
Ma è fuori da quelle aule che il mondo si rivela per ciò che è: un’arena in cui chi governa grida, divide, impone e spesso offende. La classe politica mondiale, con rare eccezioni, non educa, non guida, non costruisce, insomma non rappresenta il buon esempio! Offre invece lo spettacolo diseducativo di chi confonde potere con dominio, forza con verità, responsabilità con propaganda. I conflitti si accendono come scintille su paglia secca, l’odio si fa strumento, la diplomazia un’eco lontana. L’uomo, che dovrebbe essere l’unità di misura di tutte le cose, diventa consumatore, numero, bersaglio, sacrificio.
È un’involuzione silenziosa, travestita da efficienza. Ma oggi più che mai occorre ricordare che l’educazione non si esaurisce a scuola, e che chi ha l’onore di guidare un popolo ha anche il dovere di esserne esempio: guida e non attore, ispiratore e non predatore di consensi, simbolo e non slogan.
Eppure, in questo paesaggio inquieto e sfiduciato, resta ancora una luce. Nascosta tra le pieghe del disincanto, batte un cuore giovane, capace di indignarsi, di tendere la mano, di cercare – forse senza nemmeno saperlo – un’umanità nuova, più giusta, più empatica. Forse è lì, in quel battito, la nostra speranza: perché se l’evoluzione ha portato l’uomo fin qui, sarà solo l’umanità a decidere se valga davvero la pena continuare.
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