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D’Alema “sfila” a Pechino tra armi, potere e vecchi amici

Imprenditore, promoter, influencer sui generis...

Un D’Alema tra rose rosse e l’ombra lunga di Pechino

Massimo D'Alema

Ha destato meraviglia in molti la partecipazione di D’Alema Massimo, il fu “lider maximo” alla grande parata di piazza Tienanmen. A “fianco”, ma solo nelle vignette apparse sul Corriere della sera di Xi, Putin e Kim Jong Un. Chi si è chiesto a che titolo fosse lì, chi si è chiesto chi mai lo avesse invitato! Tutti dalla memoria corta…. Solo meno di un anno fa, il “nostro” fu protagonista attivo di un tentativo di mediazione con il governo venezuelano per indurlo ad acquistare armi da guerra per 400 milioni di euro da Leonardo. La mediazione prevista a favore di D’Alema e degli altri facilitatori era di ben 80 milioni di euro, pari a 160 miliardi di vecchie lire. Ho sentito con le mie orecchie, guardando casualmente la trasmissione “Le Iene”, lo stesso D’Alema, evidentemente registrato dal suo interlocutore, parlare di tutto questo e della mediazione prevista.

Una indagine della Magistratura, di cui non si è saputo più niente, aveva fatto conoscere il retroscena della trattativa e tutti gli sforzi dello stesso D’Alema anche verso il governo italiano per indurlo a concludere l’affare. Non ho capito perché, la stampa italiana abbia trattato la questione con superficialità e non ci sia tornata più. L’unica “ragione” potrebbe essere perché il soggetto non conta più niente e quindi la sua nuova attività non interessa molto l’opinione pubblica. Fatto sta che quella trattativa non andò a buon fine ma, coerentemente con la nuova attività, il D’Alema proprio non potesse mancare a quell’occasione in cui la Cina metteva in bella mostra i prodotti più moderni e sofisticati della sua produzione bellica. Ad un mercante, o aspirante tale, di strumenti bellici non poteva non interessare una occasione del genere.

I titoli acquisiti nella sua precedente attività di uomo di governo, non gli mancavano per poter richiedere un invito a quella manifestazione. Romano Prodi da anni viene invitato in Cina per portare il suo sapere, la sua esperienza di protagonista nella politica italiana ed europea. Certamente non in occasioni come questa in cui i protagonisti disegnavano, o tentavano di farlo, un nuovo “ordine mondiale”, mentre uno di essi, Putin, tenta di distruggere, ammassando cadaveri e occupando territori in Ucraina, l’Unione Europea o di metterla in forte difficoltà. Quello che meraviglia, fra le tante altre considerazioni, è che nessuno delle miriadi di antichi “d’alemiani” senta il bisogno – dovere di denunciare questa attività del loro vecchio leader. Ma la verità è che tutti questi, (evviva la coerenza!), non si ritengono più comunisti. Magari lo sono, ma non lo sanno, o fanno finta di non saperlo: la verità non è rivoluzionaria, ma sempre doppia. Come ci “insegnano” i “profeti” della doppia morale! Tutti: senza vergogna!

A prescindere dal pacifismo e dall’europeismo di cui tanti, a cominciare proprio da D’Alema, si ergono a paladini. E personalità come Paolo Mieli ci fanno sapere che il fu “lider maximo” ha fatto bene a partecipare nella sua nuova veste imprenditoriale, pur non avendo dismesso l’abito di presidente della sua Fondazione “Italiani – Europei”. Imprenditore, promoter, influencer sui generis, non dell’agroalimentare o del tessile, o dell’alta moda, ma, più prosaicamente di armi da guerra. Tanto il nostro “pacifista! Di fronte a tanta sfacciata saccenza il principe De Curtis avrebbe detto “…ma mi faccia il piacere!”

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