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L’OPINIONE

Le restrizioni per la movida: serve una giusta strategia

Indispensabile l’istituzione di un tavolo comunale di confronto che metta insieme residenti, esercenti, associazioni di categoria e rappresentanti delle istituzioni

Le restrizioni per la movida: serve una giusta strategia

Com’era logico prevedere, il Consiglio comunale di Napoli ha “bocciato” la deliberazione della Giunta che imponeva restrizioni orarie alla movida soltanto all’interno di un limitatissimo ambito del centro storico, quello cioè oggetto di un contenzioso sottoposto al giudizio del Tar. Ed è giusto così.

Si trattava, infatti, di un provvedimento scorretto nei confronti dei residenti di altre zone della città, comunque interessate da questo fenomeno, discriminatorio anche per gli esercenti e per nulla incisivo ai fini di una generale regolamentazione della movida.

Un atto, forse, nemmeno utile ad attenuare le responsabilità del Comune in vista della prossima udienza presso il Tribunale Amministrativo Regionale che, con ogni probabilità, convaliderà le richieste di risarcimento dei residenti di piazza Bellini e zone limitrofe per danni alla salute cagionati dai continui schiamazzi notturni. Non è, insomma, con decisioni estemporanee che si può gestire un problema di così vasta portata, peraltro non solo di Napoli, né colmare la perdurante e colpevole assenza di una visione politica sulla gestione/organizzazione della vita notturna.  

L’obiettivo è trovare il giusto equilibrio tra il diritto alla quiete dei residenti, al divertimento dei cittadini e quello dei gestori di esercitare la propria attività, nella consapevolezza che ogni zona della città porta con sé limiti e vantaggi. E, quindi, chi vive al centro non può pretendere di trovare le stesse condizioni di pace e tranquillità proprie delle periferie residenziali.

Ciò però non significa che deve essere condannato a subire un caos perpetuo, diventando ostaggio di un fenomeno legittimo finché non sfocia, come spesso accade, nel libertinaggio. Analogamente gli esercenti devono essere consapevoli che le favorevoli condizioni di business offerte dal centro non possono essere perpetue e che nelle ore destinate al riposo notturno devono necessariamente sottostare a dei limiti, tanto più se dalla loro attività discendono disturbi alla quiete pubblica. Come se ne esce?

Innanzitutto, appare indispensabile l’istituzione di un tavolo comunale di confronto che metta insieme residenti, esercenti, associazioni di categoria e rappresentanti delle istituzioni. Solo un dialogo franco e costruttivo può portare a soluzioni realmente condivise, evitando decisioni calate dall’alto o provvedimenti emergenziali che rischiano di essere inefficaci, discriminatori e persino illegittimi.

Un primo passo pratico potrebbe essere quello di stabilire regole chiare e uniformi su tutto il territorio urbano, individuando nella mezzanotte l’orario limite oltre il quale non possono proseguire le attività all’esterno dei locali (dehors). Ciò deve valere anche per la vendita di cibo da asporto (street food), per la somministrazione di alcolici e bevande e per tutte le forme di intrattenimento artistico di strada, in particolare quelle musicali.

In tutti i Paesi civili lo scoccare della mezzanotte segna l’ingresso in quella fase della giornata destinata al riposo ed alla quiete da tutelare con il massimo rispetto. Parallelamente, si potrebbe consentire ai locali adeguatamente insonorizzati di continuare le proprie attività, esclusivamente all’interno delle quattro mura, e comunque non oltre le 3 del mattino, un limite che appare equilibrato e sostenibile: da un lato garantisce un prolungamento dell’offerta per chi vuole divertirsi, dall’altro tutela il diritto alla tranquillità dei residenti.

Nel medio periodo, però, la prospettiva più lungimirante resta quella della delocalizzazione della movida in aree non residenziali, dotate di idonei servizi di trasporto pubblico notturno e parcheggi. In questo modo si alleggerirebbe la pressione sul centro storico e sui quartieri abitativi, preservando il valore della vita notturna come elemento di socialità e di economia.

Per incentivare il trasferimento graduale degli esercenti, il Comune potrebbe studiare misure di agevolazione fiscale e sostegni concreti, rendendo conveniente l’insediamento in zone più idonee. In altri termini, serve una strategia di ampio respiro, fatta di regole e controlli certi, ma anche di opportunità alternative ed incentivi, affinché la movida da fonte di conflitto possa trasformarsi in risorsa condivisa, capace di convivere con la città senza snaturarla né logorarla.

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