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Patarnello vuole schedare i giudici, ma il "Colle" tace

Se, per la Riforma della Giustizia, fra politici e magistrati volano stracci, fra gli ermellini volano droni

Patarnello vuole schedare i giudici, ma il "Colle" tace

Se, per la Riforma della Giustizia che giovedi ha incassato il terzo “si” alla Camera, fra politici e magistrati volano stracci, fra gli ermellini volano droni. Ad appiccare il fuoco, ancora una volta, è stata la toga rossa di Md Patarnello, la stessa che accusò “la Meloni di essere più pericolosa di Berlusconi, perché non ha inchieste giudiziarie a carico e si muove per interessi personali, bensì per visioni politiche”.

In un messaggio nella mailing list dell'Anm ha chiesto “ai colleghi 101 cosa voteranno al referendum? Credo di saperlo, ma magari mi sbaglio e vorrei sentirlo dalla loro voce”. Se non è un avviso di schedatura fra buoni (contrari alla riforma) e cattivi (pro riforma), qualcuno mi spieghi di cosa si tratta, se non di un calcio negli stinchi della Costituzione e della democrazia grazie alle quali l'Italia è un Paese libero il cui popolo è sovrano e si esprime con il voto, che, proprio per questo, è segreto.

Ciò che, però, in merito, personalmente perplime è che anche su questo, Mattarella ha taciuto, nonostante la gravità della richiesta. La risposta dei rappresentanti di articolo 101 nel direttivo di Anm (dopo aver ribadito il “no” al comitato per il “no” al Referendum, applaudito da Schlein e Landini, ma costerà 500mila euro) non si è fatta attendere.

“Evidentemente per Patarnello la segretezza del voto (art.48) è un valore costituzionale rinunciabile, Cominciamo bene!” ha dichiarato la giudice Ceccarelli e “Le riforme costituzionali le scrivono i correntizzati mandati al Ministero con stipendi maggiorati e non risulta che dalle sedie ministerialii si stiano allontanando in massa per protesta contro la riforma”, ha aggiunto il giudice Favi del direttivo Anm, mettendo fine, almeno per il momento, a una polemica ideologica.

Il che insieme all'aggressione verbale del consigliere comunale dem di Genova Chiarotti che ha sbroccato, per il minuto di raccoglimento a Kirk, e rivolto alla collega Bianchi di Fdi, ha evocato Piazzale Loreto e il fascismo; ai “sinistrati” che alla Camera, dopo il terzo “sì” alla Riforma, hanno dato di “piglio alla violenza”, conferma quanto siano fasulle, strumentali e figlie della paura di perdere: regionali di autunno e referendum, le accuse di seminare odio addebitate alla Destra dall'opposizione, che come al solito lancia il macigno e nasconde la catapulta che lo ha lanciato.

Alla luce dei ritardi nella presentazione del candidato “governatore” sorge il dubbio che il centrodestra stia pensando di rinunciare a correre per palazzo Santa Lucia. Ma Martusciello ha detto “che la scelta arriverà presto (entro la fine di settembre) e che sarà un civico”. Scherzi a parte, è arrivato il momento di accelerare, perché il tempo stringe e il candidato del campo(santo) delle sinistre è già su piazza per la campagna elettorale, di quello di centrodestra ancora non si vedono tracce. E, poiché la data del voto, in Campania, è stata finalmente fissata (23 e 24 novembre) il quadro politico complessivo, si va facendo sempre più incandescente.

Secondo gli ultimi sondaggi, il centrodestra è in ritardo di cinque punti dal centrisinistra. Un dato scoraggiante per la coalizione di governo? Sì, ma anche no! L'ex presidente della Camera, non sembra catalizzare l’entusiasmo dei progressisti, tanto che per trovare candidati per la propria lista sta chiedendo aiuto a San Gennaro. Quella di centrosinistra più che una coalizione sembra una “dissoluzione” e il vantaggio poggia, purtroppo per loro, su fondamenta che traballano ad ogni fruscio di vento.

Le tensioni interne con De Luca, che ha più volte criticato la leadership fichiana e le frizioni tra Pd, M5s e Avs, danno all'opinione pubblica un'immagine negativa della coalizione. Di più, il sostegno dello “sceriffo” strappato (forse... ma...) in cambio di una maggiore e più significativa visibilità per il figlio Piero, appare più un voto di scambio che un accordo.

In realtà, se da un lato il centrosinistra ha già scoperto le carte, il centrodestra sembra avere una strategia. Nessun candidato ufficiale, ma una macchina organizzativa che si sta muovendo con discrezione. Voci raccolte fra gli addetti ai lavori fanno preconizzare la possibilità di mettere assieme 7 liste: Fdi, Lega, Fi. Azione, Udc, Noi Moderati e la lista del presidente.

Se così fosse si tratterebe di una coalizione ampia, capace di intercettare voti di moderati, conservatori e civici” e lo “sgombero” di Palazzo Santa Lucia, potrebbe essere già iniziato. Da un lato perché gli elettori sono stanchi di sentirsi trattati come utili idioti per l’incapacità del centrosinistra che - mentre “continua a promettere certo e a mancare sicuro” - non intende assolutamente rinnovarsi e, dall'altro, per gli errori del Pd, le ambiguità di De Luca e la debolezza comunicativa di Fico. Sicchè, la vera forza del centrodestra potrebbe essere proprio il non aver ancora ufficializzato il candidato governatore, perché se dovesse essere un politico di peso, la situazione potrebbe ribaltarsi.

E di nomi per riuscirci ci sono a partire dal già ministro Sangiuliano quale capolista di Fdi; e come potenziali candidati governatori il viceministro agli Esteri, Cirielli il coordinatore della Zes, Romano, Carfagna e Gianpiero Zinzi.

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