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L'intervento

Il 23 novembre provochiamo un terremoto popolare

Non posso che aspettare fiduciosa che domani esca un nome e inizi la campagna elettorale seria

Il 23 novembre provochiamo un terremoto popolare

Finalmente una data anche per la Campania. Anzi due! Si vota il 23 e il 24 novembre. Peccato manchi tutto il resto. È chiaro a tutti che il cosiddetto “campo largo” è stretto nelle miserie di un accordo imposto e sofferto.

All’interno del Partito Democratico l’agitazione di una parte della classe dirigente di fronte alla “presa”  del partito è stata sedata, con buona pace delle ragioni della militanza e della coerenza ad essa sottese. Il partito è stato barattato in cambio di una resa del presidente uscente alla candidatura del sempre vilipeso pentastellato Fico.

Al figlio Piero De Luca la possibilità di mantenere in famiglia il controllo del territorio. Ma neanche questo romantico appannaggio seda le intemperanze del Governatore, che ancora non dichiara definita l’intesa, fino a quando non si sarà vergata la resa alle sue condizioni.

Una versione moderna del gattopardesco: “Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi”, in un ben più cinico se volete che tutto cambi, bisogna che tutto rimanga com’è. Tutto questo, ben’inteso, per il bene di noi cittadini! Poi c’è Roberto Fico, che respinge le bordate con soavità. Ricorda, prima di tutto a se stesso per farsi forza, di essere il candidato e di avere, per questo, il compito di redigere il programma.

Tanto quel che conta è che sarà tra poco più di un mese il nuovo Presidente della Regione Campania. Il come governare un territorio così complesso e come gestire i tanti fronti aperti verrà dopo. E se non vi sarà una quadra si tirerà a campare con il resuscitando “reddito di cittadinanza” per tutti.

Sentire la voglia di opporsi a un simile scenario dovrebbe essere naturale. Purtroppo ancora non c’è l’alternativa. E non parlo del nome del candidato di centrodestra. Si decide il destino di tutti noi a valle delle elezioni in altre regioni, perché contano le caselle nazionali più degli interessi locali. E passi.

È la politica che impone di muoversi sempre avendo il quadro d’insieme per non rompere equilibri già costruiti. Ma la levità con la quale si prepara l’appuntamento con le urne è grave. In questi 5 anni e, in particolare, negli ultimi 3 da Roma si è dichiaratamente messo al centro il Sud. Per dar sostanza agli annunci, non bastano le favorevoli congiunture economiche. Serve investire sulle crepe profonde del nostro territorio e risanarle.

A Parco Verde si continua a sparare. Una legge è utile, ma non basta. La mobilità regionale cammina ancora sui binari stretti delle aree costiere. Per penetrare i territori interni è necessaria la volontà di far decollare la Strategia Nazionale Aree Interne. Perché la Zes renda merito alla specialità della Campania e del Sud occorre una visione competitiva. Sulla salute dei cittadini, affidata interamente al Governatore di turno, non aggiungo commenti.

È sufficiente guardare con onestà intellettuale al contesto. Mai come in questo momento servirebbe consolidare gli effetti di una linea d’azione nazionale con un approccio regionale coerente. È difficile prevedere che la idea demeritoctatica e assistenziale del fronte di sinistra possa accogliere e valorizzare la scelta di una economia sociale di mercato, fatta dal governo nazionale.

Così ragionando non posso che aspettare fiduciosa che domani esca un nome e inizi la campagna elettorale seria. Il 23, domenica, quest’anno, come 45 anni fa, si potrebbe riaprire la faglia della democrazia. I voti liberi nella metafora sarebbero tante piccole scosse che insieme possono sprigionare la potenza di un terremoto popolare. 

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