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L'opinione
01 Ottobre 2025 - 09:22
Donatella Colasanti e Rosaria Lopez
Ci sono episodi di cronaca che restano nella storia. Al momento i fatti sconvolgono l’opinione pubblica, innescando diffusi battiti e l’attivismo di singole persone e di gruppi dediti alla cittadinanza attiva.
Succede, poi, che l’impegno dell’associazionismo si incontri con professionalità e sensibilità al di sopra della media e, grazie alla tenacia di chi chiede cambiamenti, i cambiamenti davvero arrivano. È il caso di quello che 50 anni fa fu definito il massacro del Circeo.
Per chi non ricordasse le giovanissime Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, invitate ad una festa da Angelo Rizzo, Gianni Guido e Andrea Ghira, furono, invece, da questi ultimi rapite e seviziate. I tre delinquenti dopo aver abusato di loro in maniera crudele per più di 30 ore vollero anche ucciderle.
Rosaria morì da loro annegata in una vasca da bagno, Donatella, sfinita dalle torture, si finse morta. Caricata insieme all’amica nel bagagliaio di un’auto lasciata parcheggiata in una strada di Roma, riuscì con flebili lamenti, a farsi liberare mentre i tre assassini cenavano in un ristorante.
A seguito del racconto delle atroci sevizie mortali, degli inenarrabili abusi sessuali e dello sprezzo dei tre verso le donne anche quando le credevano ambedue morte, si mobilitò gran parte dell’opinione pubblica e molte associazioni si costituirono parte civile insieme alla vittima.
Quest’ultima fu rappresentata in giudizio dall’avvocata Tina Lagostena Bassi che durante il processo riportò l’attenzione fondamentalmente sulle atrocità inflitte alle due donne in quanto donne anziché sulla moralità comune offesa come previsto dal codice penale di allora.
Fu il primo processo che guardò alle vittime di stupro da una più realistica prospettiva. Seguirono a questo altri processi in cui, oltre ad esserci la stessa legale a rappresentare la vittima, si costituirono parte civile associazioni femminili. Uno in particolare, nel 1979 , fu ripreso dal vivo dalle telecamere Rai, nel tribunale di Latina.
Il documentario trasmesso di sera di fronte alle famiglie riunite davanti alla tv risultò molto seguito e scosse tantissimo le coscienze degli italiani. Fu così che si avviò un nuovo percorso e negli anni seguenti la politica si avvicinò ad una nuova, giusta, visione del reato di stupro.
Dopo un lungo, non facile, percorso legislativo, nel 1996 si arrivò, infatti, quantunque tardivamente, all’auspicato riconoscimento dello stupro quale reato contro la persona e non più contro la morale e il buon costume.
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