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La riflessione

Gaza, lo sbarco della flotilla e il piano di pace di Trump

La pezza di Trump, anche se appoggiata da Onu e Ue, in ogni caso non sarà eterna e nemmeno molto lunga

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Cari amici lettori, i media hanno dubbi sull’esito dei due tentativi in atto: lo sbarco della flotilla a Gaza e la pace in Palestina di Trump. Nessuno, nemmeno i naviganti, si aspetta che Israele piazzi un tappeto rosso per accogliere i fanatici imbarcati pro pal. Finanziatori e ideologi rimasti a casa e ammiragli della flotta restano fermi nel proposito di tentare lo sbarco e fingono di credere che esso possa riuscire.

Il falso scopo di portare aiuti alimentari ai palestinesi, già ridicolo in partenza, è svanito con il rifiuto di utilizzare la Chiesa palestinese come tramite e non regge al confronto fra la portata dell’intera flotilla e quella di un paio di quei grossi camion che, a migliaia e da molto tempo, portano a Gaza i cibi via terra.

Crosetto ha già ripetutamente avvisato che le navi da guerra cristiane si fermeranno prima del limite delle acque territoriali (cosa che avrebbe dovuto già avvenire alle due di stanotte), non potendo compiere quello che sarebbe un atto di guerra. Lo stesso faranno alcuni flotilleri: espressamente lo hanno detto i due parlamentari del piddi, ma diversi altri marineros sono già scesi perché delusi dagli ammiragli o perché musulmani non disposti ad accompagnarsi ai propagandisti omosessuali.

La stessa Gretina è passata dall’ammiraglia ad altra imbarcazione perché meno estremista (caspita!) dei dirigenti hamassiani. Restano tuttavia numerosi quelli che, violate le acque territoriali, toccheranno terra, ivi trasportati dalle navi israeliane che cattureranno il piccolo esercito aggressore.

Fra loro i due parlamentari di Conte e Fratoianni e la Gretina, sconfessata dal governo svedese. Quest’ultima è recidiva e ha avuto il divieto di entrare in Israele per la durata di cento anni: farebbe bene a non violarlo, perché Bibi non gliela farebbe buona, stavolta. Condivido con Crosetto la speranza che rimangano tutti incolumi o almeno vivi, ma non possiamo assolutamente esserne sicuri.

Trump ha varato un nuovo piano in venti punti per la pace in Palestina, considerando, oltre che tempi e modalità del cessate il fuoco, anche programmi e regole pe il dopoguerra. Egli ha detto addirittura che "potrebbe esserci stato l'accordo in Medio Oriente che non si è mai raggiunto in tremila anni": ma si sa, ormai, quanto usi esagerare, molto di là dal verosimile, l’attuale inquilino della Casa Bianca.

Il piano è stato accettato da Netanyahu e dai paesi arabi moderati. Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Pakistan, Turchia, Qatar ed Egitto hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, in cui si sono detti pronti a “cooperare positivamente” con gli Stati Uniti per finalizzare l’accordo e garantirne l’attuazione.

Anche molti governi occidentali si sono detti favorevoli all’accordo. Mancherà il consenso della destra israeliana, ma ciò non è ostativo, perché si potrà fare a meno dei loro ministri col sostituirli, come già previsto, con esponenti dell’attuale opposizione. Non saranno d’accordo i coloni israeliani in Giudea e Samaria, territori oggi denominati Cisgiordania, ma anche a questo c’è rimedio. La domanda è: che farà Hamas?

I terroristi non amano la pace e preferiscono intrattenersi con le vergini del loro paradiso piuttosto che lasciare in pace Israele. Ora dovrebbero non soltanto accettare il piano, ma anche restituire gli ostaggi. Ho seri dubbi che facciano davvero entrambe le cose. La pezza di Trump però, anche se appoggiata da Onu e Ue, in ogni caso non sarà eterna e nemmeno molto lunga. Io rischio di poter vedere le nuove ostilità; certamente le vedranno i miei figli. 

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