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lettera al direttore

Quando la “verità assoluta” non abita nei salotti televisivi

Se potessi farlo consiglierei alla professoressa di Diritto, Albanese, di ripassare gli scritti dei più grandi filosofi

Quando la “verità assoluta” non abita nei salotti televisivi

Francesca Albanese

Gentile Direttore, appartengo a una generazione ormai “sorpassata”, perché tra i tanti “difetti” che non ho mai cancellato c’è quello di leggere di continuo, non solo opere letterarie, ma anche i giornali che non mi faccio mancare la mattina dal vicino giornalaio.
A cominciare dal nostro” Roma”, al “Mattino” e al mitico “Corrierone”, alias “Corriere della Sera”.
I miei familiari, figli e nipoti in prima fila, mi rimproverano di continuo per questa mia “fissa”, perché i giornali costano tanto, specie se assieme ad essi si accompagnano i famosi inserti voluminosi.
Per amore di verità, e non per piaggeria, devo constatare che al Suo giornale, Direttore, ogni giorno viene aggiunto un altro giornale di rilievo nazionale, senza dover pagare doppia cifra.
L’osservazione dei miei congiunti è legata al fatto che oggigiorno non si legge più dalla carta stampata, ma dai telefonini o tablet, molto più comodi e quasi a zero costo.
Il guaio, aggiungo io, è che questi utili, ma anche “aggeggi infernali”, come li ha definiti un bravo giornalista francese, Guillaume Pitron, nel suo libro Inferno Digitale (tradotto in italiano dall’Università Luiss), azzerano anche la lettura tra i giovani di un sano libro che arricchisce la cultura o perlomeno la incentiva.
La cosiddetta “carta stampata”, che lascia un segno nella memoria visiva di chi legge, non lascia quasi traccia nella rapida “rassegna” di notizie su un qualsiasi tablet o telefono portatile.
Testardo e “forte” di queste convinzioni, caro Direttore, non mi faccio mai mancare le letture dei degli egregi opinionisti in prima pagina, né quelle all’interno del quotidiano, a cominciare dalla “pagina culturale”.
Leggo volentieri anche la “cronaca regionale” del Mattino, forse perché legato ai bei ricordi della mia pluridecennale attività di consigliere regionale, di cui il giornale menzionato si occupava moltissimo.
Sul “Corrierone”, invece, mi affascina la prima pagina, dove un bravo giornalista come Massimo Gramellini conduce una rubrica chiamata Il Caffè, che si occupa di episodi di attualità, commentandoli con la sua penna sarcastica e pungente.
Sul Corriere della Sera di martedì scorso è comparso il titolo La Marchesa del Grillo, che Gramellini ha riferito in merito allo spiacevole episodio accaduto nella trasmissione televisiva In Onda, su “La7”, che non può certo annoverarsi tra quelle “orientate a Destra”.
Una delle ospiti, Francesca Albanese, ha lasciato improvvisamente lo studio e se n’è andata indispettita, senza salutare nessuno degli altri presenti, compreso il conduttore.
La prof.ssa Francesca Albanese è “relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi”. La sua costante posizione contro Israele, al di là dello stesso Netanyahu, è arcinota. Ma la presa di posizione della professoressa, che si è inalberata quando le è stato ricordato di mettere in conto anche ciò che hanno passato gli ebrei sotto il nazismo di Hitler – come ha giustamente affermato la senatrice a vita Liliana Segre, una delle poche scampate ai campi di sterminio tedeschi – ha lasciato il segno: si è allontanata con il viso di chi pensa che l’unica intelligente e colta al mondo sia solo lei.
E qui molto sagace appare il commento di Gramellini (che non è certo uomo di Destra), intitolando il suo pezzo La Marchesa del Grillo ed evocando il celebre film di Alberto Sordi.
Il Marchese dello Stato Pontificio, rivolto a certi ceffi di un’osteria romana che vengono ammanettati dopo una rissa, ma lui subito rilasciato dal commissario, esclama: “Visto? Io so io e voi non siete un c…”. È la medesima impressione che la professoressa ha lasciato in chi ha visto il suo gesto.
Massimo Gramellini ne fa una chiosa finale che merita di essere riportata per intero: “A forza di studiare la democrazia di Hamas, può darsi che Albanese abbia finito per ridisegnare i contorni di un concetto che noi analfabeti funzionali ricordavamo. Una volta la democrazia consisteva nel parlare con tutti e, soprattutto, nell’ascoltarli. Non alzarsi di scatto dalla poltrona di uno studio televisivo, piantando in asso gli altri ospiti per punirli del grave torto di non volerle dare sempre ragione.”
Stupendo ritratto di chi (e sono ancora tanti) pensa di avere il dono della “verità assoluta” e non si è ancora svegliato dopo la caduta del Muro di Berlino, che sta ridisegnando la storia del mondo.
Il sommo Immanuel Kant sosteneva che la “verità assoluta”appartiene al “noumeno”, cioè ben oltre la ragione umana.
Se potessi farlo, consiglierei alla professoressa di Diritto Albanese di ripassare gli scritti dei più grandi filosofi, che in genere hanno il dono di anticipare i tempi in cui vivranno i nostri figli e nipoti. A cominciare dal grande Platone, a Cartesio, e – più vicino a noi – da Gottfried Wilhelm Leibniz del XVIII secolo, che sosteneva l’esistenza di una sola “verità assoluta”: quella radicata nella natura di Dio, che ne possiede una conoscenza completa e infinita.

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