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Irpef, serve equità vera. Tutelare anche i redditi medi

Irpef, serve equità vera. Tutelare anche i redditi medi

La riduzione dell’Irpef prevista per la manovra di fine anno dovrebbe riguardare anche i redditi sopra i 50 mila euro. Almeno questa è l’ipotesi al vaglio del Governo, che potrà trovare una sua concretezza se compatibile con i famosi vincoli di bilancio.

L’auspicio è che ciò possa avvenire, anche perché la fascia di cittadini con redditi di media entità è stata fortemente penalizzata in questi ultimi decenni e, in termini reali, ha finito per perdere in misura considerevole potere di acquisto.

È quindi confortante che il Governo ne abbia consapevolezza. È già un passo in avanti rispetto a posizioni demagogiche di almeno una parte dello schieramento di opposizione, che si ostina a catalogare come benestante chi non lo è più da tanto tempo, preferendo occuparsi di misure assistenziali di efficacia molto dubbia, come il reddito di cittadinanza.

Il fisco, in Italia, resta un problema spinoso. Non solo per la pressione molto elevata, superiore nettamente a quella di altri Paesi Ocse, non solo per le caratteristiche di un prelievo che scoraggia i lavoratori più qualificati, invogliando tantissimi giovani a emigrare in Paesi che valorizzano maggiormente la meritocrazia.

Il fisco italiano va rivisto, e ci auguriamo che questo governo decisionista proceda con determinazione anche su questo versante, per puntare ai grandi evasori, alleggerendo il peso tributario delle piccole imprese e delle realtà artigianali.

La crescita dimensionale e qualitativa delle Pmi è spesso frenata anche da un carico fiscale eccessivo, che potrebbe essere alleggerito se alcuni top player internazionali del digitale pagassero il dovuto, invece di fruire di un regime a dir poco benevolo ancora oggi, malgrado gli interventi dell’Unione Europea per garantire un corretto inquadramento fiscale sui dati degli utenti e sui loro ricavi nel Vecchio Continente.

A tal riguardo, va rimarcato come un’azione mirata del fisco su questa tipologia di soggetti (oltre che sui cosiddetti grandi evasori) potrebbe rappresentare una risposta adeguata anche all’innalzamento dei dazi deciso a più riprese, con avanzate e marce all’indietro, dall’amministrazione statunitense.

All’imposizione di tariffe spesso immotivate, che mettono in difficoltà moltissime imprese esportatrici italiane, anche meridionali, si può e si deve replicare con un intervento di riequilibrio fiscale, finalizzato a sgravare il peso tributario sugli operatori più piccoli e vulnerabili per aumentarlo, in misura appropriata, su chi ha risorse inesauribili,incamerate anche in Italia, senza ‘pagare dazio’.

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