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Classe ambientale: auto storiche sì, catorci no

Non tutti i veicoli ultraventennali possono essere definiti d’epoca: serve un criterio selettivo

Classe ambientale: auto storiche sì, catorci no

L’Italia è tra i Paesi con la più alta densità automobilistica al mondo: 1,4 abitanti per vettura. Ma il vero problema non è tanto il numero delle auto quanto la loro età. Ben il 58,9% delle automobili immatricolate ha oltre dieci anni, con punte che raggiungono il 72,7% in Campania e il 74,6% a Napoli. Ancora più preoccupanti sono i dati relativi alla classe ambientale: nel nostro Paese le vetture Euro 0 rappresentano l’8,4% del totale, percentuale che raddoppia nella nostra regione (16%) e supera il 19% nel capoluogo partenopeo.

Gli incentivi finora messi in campo per favorire la transizione energetica non hanno ottenuto i risultati sperati. Questo perché hanno puntato soprattutto sull’elettrico, soluzione tecnologicamente avanzata ma ancora poco accessibile: i prezzi rimangono elevati rispetto anche alle ibride, mentre persistono le criticità legate ai tempi di ricarica (non meno di mezz’ora per un “pieno”) e alla carenza di colonnine, stante una rete infrastrutturale ancora sottodimensionata. Eppure, l’urgenza di rinnovare il parco circolante è evidente, anche in vista dell’appuntamento europeo del 2035, anno in cui – salvo deroghe – scatterà il divieto di vendere nuove auto con motore endotermico (benzina, diesel ecc.).

In questo auspicabile processo di rinnovamento, però, non bisogna correre il rischio di disperdere un patrimonio che merita invece di essere valorizzato: quello delle auto storiche. Una cosa sono i veicoli obsoleti, inquinanti e insicuri, altra i modelli con reale valore collezionistico, autentici beni-simbolo di un’epoca e della sua cultura. È a questa categoria che si rivolge Aci Storico, il Club con cui l’Automobile Club d’Italia promuove la tutela dell’automobilismo d’epoca. L’obiettivo non è difendere indiscriminatamente tutte le auto “datate”, ma salvaguardare appunto quelle che hanno un effettivo pregio storico e che, non a caso, percorrono pochi chilometri all’anno, quasi sempre in occasione di raduni ed eventi dedicati. Aci Storico, proprio per distinguere i veri veicoli vintage da quelli semplicemente vetusti, ha introdotto la “Lista di Salvaguardia” che, ogni anno, individua le vetture tra i 20 e i 29 anni di età meritevoli di tutela.

Non tutti i veicoli ultraventennali, infatti, possono essere definiti d’epoca: serve un criterio selettivo. I modelli con più di 30 anni, invece, sono già considerati storici dalla normativa vigente e godono dei benefici fiscali previsti, come l’esenzione dal bollo auto, oltre a tariffe Rca ridotte. Su questo fronte un plauso merita la Regione Lombardia che riconosce l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica anche ai veicoli, con più di venti anni, iscritti nel Registro di Aci Storico. Una misura che rappresenta un segnale concreto di attenzione verso il settore e che ci auguriamo possa essere presa a modello anche in Campania.

Tale orientamento, peraltro, ha trovato di recente un’importante conferma giurisprudenziale grazie alla sentenza n. 2543/2025 del Tar Lombardia sezione di Milano– che, respingendo un ricorso dell’Automotoclub Storico Italiano (ASI), ha confermato la piena legittimità del ruolo di Aci Storico come certificatore dei veicoli di interesse storico e collezionistico e la validità della “Lista di Salvaguardia” che seleziona solamente alcune delle auto ultraventennali (ma con meno di 30 anni) secondo principi oggettivi basati sulle caratteristiche di rilievo tecnico, stilistico e storico, ma anche in relazione al numero di esemplari sopravvissuti in circolazione. Un segnale, questo, che va oltre la dimensione del beneficio fiscale ed assume un valore culturale, riconoscendo l’importanza dell’automobilismo d’epoca come parte integrante della storia industriale, economica e sociale del nostro Paese.

L’amore per l’auto, che da sempre contraddistingue gli italiani, oggi, è messo adura prova da conflitti commerciali e militari, “green deal”, burocrazia, pressione fiscale, rincari assicurativi e disattenzione istituzionale. È dunque nostro dovere contribuire ad invertire questa tendenza, restituendo alla motorizzazione privata il suo giusto peso all’interno di un sistema della “mobilità responsabile” in cui la massima priorità spetta al trasporto pubblico, alla sicurezza ed all’ambiente. In una parola alla qualità della vita.

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