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L’OPINIONE
17 Ottobre 2025 - 08:53
Nel secondo trimestre 2025 il Mezzogiorno, per la prima volta dal 2004, ha fatto riscontrare un tasso di occupazione superiore al 50%. Negli ultimissimi anni l’occupazione nel Sud è cresciuta con incrementi superiori al resto del Paese. Ma questo andamento positivo rappresenta una goccia nell’acqua, se si considera il quadro generale del mercato del lavoro europeo.
A ricordarcelo è il recentissimo rapporto annuale dell’Eurostat, che rileva i tassi di occupazione di 243 regioni dei singoli Paesi dell’Unione. Un documento che, purtroppo, registra l’enormità del divario meridionale.
Nel 2024 il tasso di occupazione Ue medio ha raggiunto il massimo storico del 75,8%. Mancano poco più di due punti percentuali per raggiungere l’obiettivo del 78% stabilito per il 2030 dal Piano d’azione per il Pilastro europeo dei diritti sociali. Ebbene, mentre ad avere raggiunto o superato il traguardo sono già 113 su 243 regioni, le uniche regioni con tassi inferiori al 50% sono Campania (49,4%) e Calabria (48,5%).
Nel Nord Italia il tasso medio di occupazione supera il 74%, vi sono realtà come Bolzano (79,9) che rientrano nel gruppo europeo degli ‘eletti’, già oltre il tetto del 78%. Nel Mezzogiorno, al contrario, l’unica regione a collocarsi appena sopra il 60% (60,1%) è la Basilicata.
Questi dati, si deve prenderne atto, evidenziano il parziale fallimento del Pnr rrispetto a uno dei suoi principali obiettivi: la riduzione delle diseguaglianze territoriali. È vero che un bilancio completo lo si potrà fare a conclusione del Piano, che scade nel 2026 e potrebbe avere effetti positivi anche di lì a un anno o due, quando si potrà beneficiare a pieno regime degli effetti delle opere pubbliche realizzate nel Mezzogiorno.
Ma, fin da ora,si può constatare come il Pnrr abbia appena intaccato la realtà preesistente e che, per cambiare radicalmente le cose, bisognerà intensificare interventi, come quello per la Zes unica, finalizzati ad attrarre nuovi investimenti, creando le premesse per un allargamento della base produttiva e dell'occupazione nel Sud.
Per superare la secolare questione meridionale, ovvero l’esistenza di due Italie, occorrerà continuare con decisione anche la politica di sviluppo infrastrutturale e di ampliamento dei servizi per le imprese che operino nel Mezzogiorno e per la popolazione meridionale, in generale.
Gli ancora timidi segnali di rilancio del Sud devono sfociare in un boom economico dell'area, a vantaggio non solo del territorio specifico ma dell'intero Paese.
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