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La riflessione
20 Ottobre 2025 - 08:39
Robert Musil ne "L'uomo senza qualità" ha scritto: "Anche l’amore era fra quelle esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo".
Esempi di un obnubilamento così profondo e persistente - tali da riempire pagine di racconti più o meno esaltanti e romantici, ma anche (purtroppo) di impenetrabili e oscuri capitoli di cronaca nera - ne sono piene la letteratura, i giornali e le storie di vita reale, raccolte per strada o tra amici e parenti.
Il sangue dell'amata sembra ancora troppo spesso la meta finale per l'appagamento o la più atroce delle maledizioni di chi ama male, con un sentimento "tossico", come si ama dire da un po' di tempo a questa parte. Ma di veramente mefitico c'è solo tutto quello che ha preceduto l'atto finale, l'evento imperdonabile e inappellabile trascorso oscenamente tra indifferenza, omertà e ignoranza.
Nulla accade per caso, neanche un'offesa lanciata sui social da una identità vigliaccamente camuffata, figurarsi un omicidio o, più propriamente, un femminicidio.
La sordida natura che lo ha generato - l'ho già scritto più volte - sta poco o affatto nella mano che lo ha commesso, bensì in coloro che a quella mano hanno dato sostegno, valore o ascolto, quando andava semplicemente fermata, legata, mozzata.
È di queste ore la notizia della rinuncia all'appello da parte di Filippo Turetta, il fidanzato carnefice, l'assassino impietoso della meravigliosa Giulia Cecchettin, quella ragazza solare e propositiva interrotta nella sua spinta centrifuga verso la vita da un mostro cresciuto nel corpo centripeto di un ragazzo in apparenza normale, anche troppo.
Dalle storie e dallo spessore delle persone che hanno cresciuto questi due giovani si evince il percorso compiuto da ciascuno, il maschio nel buio, la ragazza alla luce. Chi era stato al loro fianco prima che tutto questo orrore maturasse, parlando dopo - quando regnava solo l'assordante silenzio dello sbigottimento e dell'assenza - lo ha fatto per chiedere perdono oppure per implorare che non si ripetesse.
E nel secondo caso lo ha fatto con atti, parole e comportamenti improntati alla nobiltà dell'animo e alla dignitosa intimità, il modo migliore per lasciare un segno in chi deve partecipare ora e continuare poi la lotta contro il bubbone di un maschilismo becero e impotente.
La rinuncia di Turetta - come le lacrime di Francesco, ex fidanzato della bellissima Pamela Genini, per non aver saputo in tempo di poter denunciare, quale persona affettivamente legata alla vittima, i maltrattamenti subiti dalla stessa nei mesi antecedenti alla sua morte da parte di quell'ennesimo esempio di impudicizia morale che risponde al nome di Gianluca Soncin - sono emblemi di una assoluzione non giuridica, per quanto tardiva, che in parte riscatta noi maschi, colpevoli o innocenti che siamo, di fronte alla Storia e a noi stessi.
Ricordiamo allora le parole di Guido Gozzano sulla grande immutabilità del sogno d'amore, che trova nell'attesa gioiosa del futuro - non nella sua odiosa amputazione - la più profonda e autentica ragion d'essere: “Vedevo questa vita che m’avanza: chiudevo gli occhi nei presagi grevi; aprivo gli occhi: tu mi sorridevi, ed ecco rifioriva la speranza!”.
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