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LETTERA AL DIRETTORE
29 Ottobre 2025 - 09:19
Cari amici lettori, privacy, come tutti i termini inglesi, è diffuso in Italia da non moltissimi anni. Esso viene impiegato, come tutte le altre parole straniere, in sostituzione di quelle italiane, che nel nostro caso sono riservatezza, rispetto del privato. Il diritto alla riservatezza confligge con il diritto di espressione.
Questo si esprime nella libertà di stampa e nel più diffuso diritto alla comunicazione, che oggi dilaga negli infiniti canali di comunicazione sociale (i social, per intenderci). In termini più terra terra, il diritto a non far sapere i fatti propri si contrappone a quello di far conoscere ciò che si pretende di sapere.
Da tale conflitto nasce il dilagare del delitto di diffamazione. Il diffondersi dell’intelligenza artificiale ha creato nuovi pericoli per la riservatezza, prima difficilmente immaginabili. Ecco lo sconvolgente fatto del giorno. La giornalista Francesca Barra ha denunziato che su un “sito per adulti”, denominato “Social Media Girls”, erano comparse sue immagini in completa nudità, generate con l’intelligenza artificiale.
Le indagini non solo hanno confermato il fatto denunziato, ma hanno accertato che erano state “spogliate” molte altre donne note al pubblico, financo Sophia Loren. Si è saputo, poi, che questo non è un caso isolato, poiché negli ultimi mesi la polizia postale aveva oscurato due piattaforme simili, “Mia Moglie” e “Phica.net”.
L’antisocialità del fatto è evidente e non si riduce alla pornografia su vasta scala, ma arriva alla violazione, mediante falsi, del diritto alla riservatezza di persone innocenti. Si verifica, insomma, un illecito multiplo comprendente pornografia, falso e diffamazione nell’ambito di un’attività criminale associativa, poiché la sua realizzazione richiede la partecipazione di molte persone.
Un’accurata, continua e sistematica ricerca di queste piattaforme criminali è certamente opportuna e addirittura indispensabile, ma non basta. In presenza di fenomeni criminali nuovi occorrono leggi con sanzioni penali nuove, abbastanza gravi da stroncare questo nuovo pericolo per la collettività.
Al ministro Nordio certo non manca la cultura e l’inventiva, necessarie per concretare queste nuove norme e calibrarne la severità. Passiamo ora dal macrocosmo al microcosmo. A Sigfrido Ranucci. Non lo conoscevo, perché non ho mai apprezzato il giornalismo scandalistico, specie se utilizzato politicamente a senso unico.
Ovviamente, l’attentato da lui subito ne ha moltiplicato la visibilità: ho quindi appreso, in via indiretta, di alcuni dei suoi discutibilissimi “colpi”. Quello che qui interessa è quello che ha causato l’intervento del Garante per la privacy che ha multato la Rai di 150mila euro.
La sanzione si riferisce alla trasmissione, durante la puntata di Report dell’8 dicembre 2024, dell’estratto audio di una conversazione telefonica nella quale l’ex ministro Sangiuliano rivelava la propria infedeltà alla moglie. Ranucci se l’è presa con il governo, ma il Garante non è di parte e perfino Repubblica si è schierata contro il giornalista.
Il Garante Privacy ha ravvisato nella diffusione dell’audio in questione un trattamento di dati personali illegittimo perché non essenziale ai fini della cronaca. Il principio dell’essenzialità dell’informazione deve seguire parametri di maggior rigore ogniqualvolta siano coinvolti dati personali ai quali l’ordinamento accorda una tutela rafforzata, quali quelli espressivi del diritto costituzionale alla libertà e segretezza delle comunicazioni, in qualunque forma espresse.
Come potete constatare, la condotta di Ranucci si pone, nei confronti del diritto alla riservatezza, nello stesso palazzo delle associazioni produttrici di pornografia, sia pure a un piano molto più basso. Leggo, oggi, che in questo ultimo anno, Report ha perso un milione di ascoltatori. Un buon segno.
Ma non comprendo perché il servizio pubblico, per il quale siamo obbligati a pagare un canone, debba continuare a gestire una tale trasmissione. Evidente è l’inesistenza della Telemeloni di cui vanno cianciando la Schlein e compagni. Ma ben venga, se indispensabile per riportare la Rai a un livello decente.
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