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L'opinione
30 Ottobre 2025 - 08:08
I posti di lavoro di dieci milioni e cinquecentomila italiani sono a rischio per l’automazione implementata enormemente dall’intelligenza artificiale. Il dato emerge da un rapporto prodotto dalla Fondazione Randstad AI & Humanities e presentato nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati.
Le prospettive indicate dallo studio sono meno angoscianti di quanto faccia pensare il numero enorme di addetti a rischio stimati. È infatti vero che vi sono professioni, dagli artigiani, agli operai, agli impiegati d’ufficio, che rischiano in parte di diventare obsolete grazie al mix derivante dall’impatto sinergico di AI e macchinari robotizzati.
Va tuttavia considerato come, così come è accaduto per i grandi salti tecnologici del passato, anche quello originato principalmente dall’intelligenza artificiale dovrà essere governato dall’uomo, attraverso una serie di profili professionali già delineati, quali data scientist, ingegneri di machine learning, esperti di sicurezza informatica, ma anche in embrione, ovvero non ancora concepiti nelle loro skills fondamentali.
Vi sono, insomma, lavori, in un domani non troppo lontano, di cui non si conoscono neppure le caratteristiche essenziali! A fronte di una situazione così fluida, imbarcarsi in previsioni che non si limitino al computo dei lavori a rischio ma si estendano al saldo tra nuove opportunità in ingresso e figure al tramonto, diventa impresa, se non impossibile, ad alto margine di errore. Dobbiamo tuttavia affrontare il presente e, per farlo al meglio, assumere, sia a livello politico istituzionale, sia a livello imprenditoriale dirigenziale, un atteggiamento proattivo.
L’AI, indubbiamente, crea nuovi pericoli (da armi ancora più sofisticate e devastanti ad attività di spionaggio e di controllo pervasivo degli individui, violati nella loro privacy), che vanno contrastati con decisione e misure adeguate. Ma la politica e le strategie aziendali devono, per il loro ambito di intervento, porsi il problema di ottimizzare l’uso dell’intelligenza artificiale, perché, se non lo fa l’Italia, se non lo fa l’Europa, lo faranno i loro competitor.
La nuova tecnologia, tra l’altro, può attenuare paradossalmente l’impatto della crisi demografica sulla produttività dell’Italia e di altre nazioni. Proprio perché compensa con l’automazione la riduzione inevitabile di giovani lavoratori operanti in certi comparti. L’incognita AI, in altre parole, deve essere gestita con il coraggio della responsabilità, non come una visione da incubo, da cui distogliere gli occhi.
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