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Napoli è come il Marocco… senza la GenZ 212

La creazione di posti di lavoro e il miglioramento dei servizi pubblici sono le richieste espresse chiaramente dai giovani marocchini

Napoli è come il Marocco… senza la GenZ 212

Le rivolte in Marocco sono scoppiate in seguito alla morte di otto donne di Agadir durante il parto in ospedale. Quante volte a Napoli leggo sul giornale di un incidente che non si spiega: “entrata in ospedale per una sciocchezza, ne è uscita morta”. E anch’io ho vissuto tutta l’incompetenza dei servizi dermatologici del grande ospedale “Cardarelli”: una diagnosi sbagliata, una terapia pericolosa e, alla fine, il rifiuto di seguire il mio caso semplicemente non rispondendomi più. Il tutto ben sostenuto da una burocrazia che vieta ogni contatto diretto tra medico e paziente. Una seconda scintilla che ha alimentato la collera dei giovani della GenZ 212 marocchina è stata l’organizzazione della Coppa del Mondo di calcio in collaborazione con Spagna e Portogallo, mentre in Marocco il deficit sociale, sanitario educativo è evidente! I numeri di Napoli si avvicinano a quelli del Marocco: povertà assoluta al 12,8%, condizioni abitative disastrose, il tasso più alto d’Italia di giovani disoccupati e senza istruzione, e cittadini campani che vanno a curarsi in regioni vicine.
E da noi, invece della Coppa del Mondo di calcio 2030, ci sono la Coppa Louis Vuitton nel 2026 e la Coppa America nel 2027, ancora meno popolari e ben lontane dal portare benefici al popolo.
La creazione di posti di lavoro e il miglioramento dei servizi pubblici — istruzione e sanità — sono le richieste espresse chiaramente dai giovani marocchini. “Chiediamo anche di colmare il divario enorme tra il Marocco promesso dal governo e quello che viviamo ogni giorno”, reclama la GenZ 212. Sono gli stessi bisogni che si sentono a Napoli, dove il secolo dei lumi non ha raggiunto il Regno delle Due Sicilie più di quanto abbia toccato il regno sceriffiano nel XVIII secolo! A Rabat come a Napoli, il re Mohammed VI e il nostro sindaco sostengono che questi eventi sportivi di prestigio non impediranno i progressi sociali, anzi ne faranno da traino. Come i napoletani hanno a lungo venerato il re, così i giovani marocchini non osano criticare il loro sovrano, pur sapendo bene che è contraddittorio fare entrambe le cose. A giorno d’oggi il sindaco di Napoli gode tuttavia di meno rispetto!Diverse voci si levano in effetti contro lo spreco delle due prestigiose coppe e l’assenza di vantaggio reale per i più poveri, che non trarranno nulla da questo lusso e da questa tecnologia ostentata. Dove il più semplice giaccone antivento vale tre mesi di reddito di una povera famiglia che vive in un “basso”.

Solo che le voci della gente non arrivano né al re né al sindaco: il primo discende dal Profeta, il secondo dal rettorato dell’università fondata solo sei secoli dopo. Figuriamoci se sentono il bisogno di consultare i cittadini comuni per sapere cosa fare! Come già da anni sapevano che “Le Vele” sarebbero crollate, il Comune è ben consapevole che le lastre di via Chiaia non sono più in buone condizioni — anche se è meno pericoloso. Saltano e provocano continui inciampi e incidenti per i pedoni, ma il Comune non risponde all’associazione Community Street Aps, che riunisce i commercianti della zona. “Passeggiando lungo le curve di via Chiaia, strada simbolo del commercio e dell’eleganza napoletana, si constata uno stato di abbandono”, dice il suo presidente. “Abbiamo inviato pec ai dirigenti, proponendo di collaborare per migliorare la gestione della raccolta differenziata e ridurre i cumuli di immondizia, ma da parte loro nessuna risposta concreta: solo burocrazia e scarico di responsabilità”. E conclude: “La classe politica negli uffici non vuole il coinvolgimento dei cittadini”.

“Che si accontentino del calcio, dell’arte concettuale davanti al municipio e della loro lingua locale per restare isolati da un mondo che evolve, così che la vita continui senza che mai nulla cambi” — devono pensare i dirigenti municipali e regionali. Perché sono trent’anni che beneficiano di questo immobilismo politico. Al contrario del Marocco, a Napoli non esiste una GenZ 212, rimasta in patria assumendosi la responsabilità di incaricarsidei problemi della propria comunità. Chi rifiuta un destino immobile e pieno di ingiustizia sociale, lascia la Campania per realizzarsi altrove. E per la gente modesta che è rimasta, manca lavoro, i trasporti sono insicuri, le abitazioni pericolose oltre che insalubri, le funivie cadono… e ci si storce le caviglie tra i rifiuti di via Chiaia. Mentre i nostri governanti si autocongratulano continuamente per l’eccellente lavoro svolto durante il loro mandato.
Invece di nominare le solite élite locali come candidati, i partiti farebbero meglio a scegliere uno di quei cervelli in fuga che ha lasciato la città per raggiungere successo altrove. Un’opportunità per lui e per la città.

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