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Le residenze universitarie come motore di trasformazione urbana

Gli studentati possono cambiare il volto, la narrazione e l’economia di interi quartieri

Le residenze universitarie come motore di trasformazione urbana

Gli studentati di Aliseo

Lungo tutta la penisola, i cantieri delle residenze universitarie in costruzione hanno contribuito o stanno contribuendo a ridisegnare quartieri e a ridefinire le relazioni e le funzioni degli spazi urbani.

Si tratta di un numero imponente di interventi, sostenuti in larga parte da due diverse fonti di finanziamento nazionale: da un lato il quarto bando della legge 338 del 2000, emanato nel novembre 2016 con graduatoria dei progetti ammessi al finanziamento nel dicembre 2018; dall’altro, il DM 481 del febbraio 2024, attuativo della missione 4 del PNRR, volto alla realizzazione di 60.000 alloggi per studenti sull’intero territorio nazionale.

Due strumenti differenti: il primo con un sostegno economico diretto alla costruzione e con un forte protagonismo pubblico, in particolare degli enti per il diritto allo studio e delle università, come promotori e beneficiari; il secondo orientato invece al sostegno della gestione, che favorisce (ma non esclude) la partecipazione degli attori economici privati.

Senza entrare nei tecnicismi, è importante riconoscere come l’impegno nazionale nel garantire un alloggio agli studenti fuori sede, e in particolare a quelli capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, per citare la Costituzione, abbia mantenuto una continuità politica e istituzionale nel corso degli ultimi governi, accompagnata da una diffusa sensibilità regionale.
Il diritto allo studio non è un settore amministrativo: è una politica di cittadinanza.

Le residenze universitarie, insieme a borse di studio e mense, uno dei tre assi fondamentali del sistema, possiedono una capacità ulteriore: quella di essere motore di trasformazione urbana, veri e propri game changer per territori marginali.

In qualità di presidente nazionale dei quarantadue organismi per il diritto allo studio, ho cercato di raccontarlo in un’audizione alla Camera dei Deputati, fornendo diversi esempi concreti.

Gli studentati di Aliseo hanno recuperato edifici abbandonati nel centro storico di Genova, riducendo il degrado e sostenendo l’economia di vicinato; Casa Burghart, a Udine, ha riqualificato l’area degradata di Borgo Stazione; il complesso Le Tettoie a Mestre, con spazi dedicati ad associazioni culturali, ha rivitalizzato una zona segnata da marginalità e spaccio, e la comunità locale ha spontaneamente organizzato una festa di benvenuto per gli studenti; le residenze di Camerino hanno risposto in modo efficace alla desertificazione post-terremoto; il polo delle professioni sanitarie nel centro storico di Cosenza ha riportato studenti e vitalità nella città antica; la residenza Dino Campana ha recuperato il parco di San Salvi alla periferia di Firenze, a lungo segnato da spaccio e degrado; lo studentato Santissima Nunziata a Palermo, nel cuore di Ballarò, ha contribuito alla riqualificazione di un’area storica complessa; e a Napoli, gli interventi in corso a Pietrarsa e Bagnoli, due straordinarie residenze in aree ex industriali affacciate sul mare, rappresentano esempi emblematici di rigenerazione.

Questi sono solo alcuni casi che mostrano come gli studentati possano cambiare il volto, la narrazione e l’economia di interi quartieri. E siamo solo all’inizio: i cantieri che si chiuderanno in tutta Italia tra la metà del 2026 e la metà del 2027 saranno un volano di rigenerazione urbana.

Qual è la sfida che abbiamo di fronte? Costruire alleanze stabili tra enti per il diritto allo studio, università e istituzioni territoriali, per affrontare insieme i nodi della residenzialità, della mobilità, dei servizi e dell’integrazione sociale. E farlo all’insegna di un principio di fondo: costruire comunità, luoghi di vita e di relazione che rendano gli studenti parte attiva delle città, ibridando funzioni e spazi condivisi, aperti alla cittadinanza, all’interno di una governance cooperativa e inclusiva.

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