Speciale elezioni
L'intervento
03 Novembre 2025 - 08:00
Da un secolo la vecchia ferrovia Alifana attraversa territori in attesa di riscatto. Oggi i fondi Pnrr offrono l’occasione di restituirle vita e dignità. Ma servono visione e volontà politica.
C’è un binario che attraversa silenzioso la storia della Campania. È la Ferrovia Alifana, nata nel 1913 per collegare Napoli con Piedimonte d’Alife, e diventata presto simbolo di modernità e progresso. Poi la guerra, la distruzione, la ricostruzione a metà, la chiusura della tratta bassa nel 1976, e infine decenni di promesse mai mantenute.
Oggi, mentre il Sud discute ancora di sviluppo e di infrastrutture, la Alifana torna al centro del dibattito come una ferita aperta, ma anche come un’opportunità irripetibile.
La sua importanza è difficile da sopravvalutare. La tratta inferiore, da Napoli a Santa Maria Capua Vetere, attraversa l’area metropolitana più congestionata del Mezzogiorno: Miano, Secondigliano, Giugliano, Aversa. Migliaia di pendolari, studenti e lavoratori si muovono ogni giorno tra bus sovraffollati e strade intasate.
In questo contesto, la riapertura e il potenziamento della linea non rappresentano solo un intervento tecnico, ma un atto di giustizia sociale. Restituire un treno efficiente a questi territori significherebbe ridurre le disuguaglianze, offrire alternative sostenibili, ricucire le periferie al cuore della regione.
Negli ultimi anni, grazie ai fondi del Pnrr e ai programmi della Regione Campania, sono ripartiti i cantieri e si parla di elettrificazione, nuovi treni, connessioni dirette con la Linea 1 della metropolitana. Oltre 900 milioni di euro stanziati per un progetto che, se realizzato, cambierebbe la geografia dei trasporti regionali.
Ma la lentezza delle procedure e la frammentazione delle competenze rischiano di trasformare ancora una volta una promessa in un’occasione perduta. Ogni ritardo non è solo un problema amministrativo: è un tempo sottratto ai cittadini, un freno allo sviluppo, un segno di disattenzione politica verso un’area che chiede solo normalità.
Intanto la parte “alta”, da Santa Maria Capua Vetere a Piedimonte Matese, continua a funzionare tra mille difficoltà. È un servizio prezioso ma fragile, limitato da infrastrutture vecchie e corse ridotte. Eppure, chi sale su quei treni sa di partecipare a un piccolo atto di resistenza civile: mantenere in vita un collegamento che rappresenta identità e appartenenza.
La Ferrovia Alifana non è solo un mezzo di trasporto, è una metafora del Sud. Dimenticata quando serviva, riscoperta quando conviene citarla nei programmi elettorali. Eppure è lì, pronta a tornare a essere ciò che era nata per essere: una linea di connessione, progresso, dignità. Se la Campania vuole davvero costruire un futuro diverso, deve partire da qui — da un treno che da troppo tempo aspetta di riprendere la corsa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo