Cerca

L'opinione

De Gregorio, una giornalista, che è più o meno come me

Terrore e perdita compaiono appena sullo sfondo del suo componimento che resta armonioso e musicale fino al suo epilogo, affacciato speranzoso e innocente sul futuro

De Gregorio, una giornalista, che è più o meno come me

Concita De Gregorio

Concita De Gregorio è una giornalista, più o meno come me - mentre lo dico mi si gonfia il petto, anche se so bene che è solo un gioco.

Concita De Gregorio è una giornalista (lo ripeto), che scrive su Repubblica, da sempre. Forse la memoria mi inganna, ma sono certo sia passata anche da Napoli, quando quel prestigioso quotidiano aprì - tanto tempo fa - la sua redazione partenopea. Non so se sia vero o solo un falso ricordo, ma non mi documenterò per accertarmene.

Per un giornalista fonti e veridicità vanno a braccetto, sono morbosamente indissolubili, come amanti alle prime armi. Ma non questa volta. Per quello che voglio dire di me e di noi tutti grazie a lei conta altro. Non farò ricerche neanche su dove è nata nè quando (anche se quanto alla prima credo di saperlo), i libri che ha scritto, le trasmissioni televisive che ha condotto e quelle a cui ha solo partecipato. Lo ripeto, non questa volta. Né se ha avuto figli, mariti, fidanzati, amici o amanti.

Amiche invece sì, sono certo ne abbia avute. Tante amiche, alcune carissime, talvolta famose. Una, Valentina Pedicini, se n'è andata molto prima del tempo in cui lasciare questa Terra è quasi naturale (giusto non lo sarà mai) e lei - per l'esattezza il 5 dicembre di 5 anni fa - le ha dedicato un pezzo meraviglioso: solenne, sorridente, commosso e ampio (non dimenticate questa parola). Come solo lei e poche altre giornaliste sanno fare. Di questo, invece, sono certo.

Mi chiederete perché parlo al femminile. È semplice. Una donna scrive, in media, dieci volte meglio di un uomo, e questo - di cui sono certissimo - un giorno o l'altro ve lo dimostrerò, carta stampata alla mano. Ma torniamo a noi, anzi a lei.

Un giorno, un brutto giorno - che per molti o tutti avrebbe potuto essere il peggiore della vita, trafittivo come la morte che evocava, ma di cui lei oggi parla come se non lo fosse stato o addirittura si fosse rilevato il suo contrario - più o meno intorno alle 11, è incappata in un ostacolo (scegliete voi l'immagine che preferite) posto non si sa bene da chi sul suo cammino, ma di quelli belli grossi, uno dei tanti a causa dei quali, se non hai cervello e cuore per tenerti in equilibrio, precipiti in un baratro tanto profondo che risalire è così scivoloso da essere impossibile, tutto si trasforma in stanchezza e distanza e ogni gesto diventa automatico e soccombente.

Certo, c'entra la salute, ma neanche di questo ci importa, o almeno non a me. Per il lavoro che faccio ne vedo tante di penombre, non ce ne sono di migliori o peggiori e, a dirla tutta, neanche la loro gravità in termini di prognosi, perfino per la vita, gioca sempre il ruolo cruciale.

Tutti, di fronte alla malattia, a qualunque malattia, tratteniamo il respiro, sospendiamo il giudizio, chiniamo il capo, almeno per un po'. Concita (spero perdoni la confidenzialità del tono) non ha fatto eccezione - per questo non conta la circostanzialità dei fatti, ma il soffio di vento che li narra - e lo dà a vedere quando pubblica il 28 ottobre scorso, nella sua rubrica Casamatta su Repubblica (spero di non dire una bestialità), qualcosa che parla di sé, del momento in cui il suo tempo (non quello di un altro) si è fermato, e lei si è trovata come in "Sera sul viale Karl Johan" di Edvard Munch - una mia libera assonanza - a misurarne l'incerto diametro, a soppesarne la balbettante fuga nel vuoto di una vertigine immaginaria.

Terrore e perdita compaiono appena sullo sfondo del suo componimento - è più giusto chiamarlo così - che resta armonioso e musicale, proprio come una poesia, fino al suo epilogo, affacciato speranzoso e innocente sul futuro. Cercatelo nel web questo pezzo. Leggetelo. Sono certo vi farà bene, come lo ha fatto a me.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori