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Rimodulare i fondi non significa tagliarli

La verità storica è che la tendenza alle cosiddette incompiute ritorna fatalmente nella gestione delle opere pubbliche

Rimodulare i fondi non significa tagliarli

Al di là di qualsiasi valutazione di schieramento politico, sarebbe bene che le questioni venissero affrontate per quelle che sono, senza strumentalizzazioni. In tal senso, come si fa a non essere d’accordo con il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, quando fa luce sul presunto ‘taglio’ ai fondi della linea 10 della metropolitana di Napoli, destinata a collegare la stazione ad Alta velocità di Afragola con piazza Garibaldi, e di altre opere, come la metro C di Roma?

Se si è consapevoli di non potere spendere 30 milioni nel 2026 per la linea 10 e quindi si decide di dimezzare lo stanziamento previsto nella legge di bilancio, non vuol dire che si sta cancellando un progetto ma, se mai, che si sta rimodulando una voce, per tenere conto dell’effettivo stato di avanzamento dei lavori. Il completamento del finanziamento dell’infrastruttura avverrà appena sarà chiaro che quelle risorse saranno effettivamente spese. Continuare, al contrario, a postare soldi che non vengono impiegati, significa aumentare inutilmente e colpevolmente i cosiddetti residui di bilancio, come ha ben chiarito Freni.

Più che alzare polveroni e levare in alto scudi contro presunti ridimensionamenti di opere da realizzare, quindi, l’opposizione al Governo farebbe bene a monitorare gli interventi, cercando di capire come e dove si determinano ritardi e rallentamenti e indicando soluzioni per evitare che queste criticità si ripresentino.

La verità storica è che, al di là del colore politico di chi governa, a Palazzo Chigi come nelle istituzioni territoriali, la tendenza alle cosiddette incompiute o, nel migliore dei casi, al prolungamento annoso dei tempi e all’incremento esponenziale dei costi fissati in fase d’avvio è un motivo che ritorna fatalmente nella gestione delle opere pubbliche in Italia e, ancor più, nel Mezzogiorno.

La grande svolta, politica e amministrativa, richiede migliore qualità nella progettazione e controllo rigoroso dei tempi e delle modalità di esecuzione di ogni fase dell’intervento in questione.

Ci piacerebbe, ad esempio, avere certezze assolute sulla tempistica di grandi infrastrutture come la Napoli-Bari e la Salerno-Reggio Calabria ad alta velocità e alta capacità. Sia da parte della maggioranza che dell’opposizione, è ora che su queste e altre partite vengano accesi riflettori costanti, tali da garantirne il buon esito in scadenze ragionevoli, non bibliche. Sarebbe cosa buona e giusta, anche perché è da questi salti di qualità che possono determinarsi le premesse per cominciare a ridurre sensibilmente il divario meridionale.

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