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L'opinione
17 Novembre 2025 - 08:29
Il legislatore italiano, con il via libera della Camera, si avvia ad adeguare l’ordinamento agli standard europei più avanzati in materia di tutela della libertà sessuale. La riforma del codice penale e dell’articolo 609 bis introduce un principio cardine: il “consenso libero e attuale” come elemento imprescindibile per escludere la configurabilità della violenza sessuale.
Al centro viene posta la volontà dell’individuo, la sua autodeterminazione, con un’affermazione netta: l’assenza di opposizione non equivale a consenso. La nuova norma chiarisce che la volontà deve essere espressa in modo chiaro, inequivoReferendum e verità figlia del tempo, sempre cabile e presente durante l’atto sessuale.
Il consenso non può essere desunto da comportamenti ambigui, né utilizzato come esimente se non dimostrato in maniera esplicita. Si esclude, inoltre, ogni forma di “consenso” ottenuto tramite coercizione, manipolazione o approfittando dello stato di incapacità di intendere e volere della vittima.
La pena prevista per chi compie, fa compiere o fa subire atti sessuali contro la volontà della persona resta severa: da sei a dodici anni di reclusione. La riforma interviene su un impianto normativo che finora era rimasto ancorato alla costrizione fisica o morale come principale elemento costitutivo del reato.
Il nuovo testo recepisce l’evoluzione culturale e giuridica degli ultimi decenni, tracciando confini più precisi e riducendo margini di incertezza sul piano processuale. Il fulcro della norma diventa la libera determinazione della persona, considerata inviolabile. Si tratta di un passaggio destinato a incidere profondamente anche sul lavoro degli operatori del diritto, chiamati ad applicare una disciplina maggiormente centrata sul rispetto dell’autonomia individuale.
La trasformazione del reato di violenza sessuale riflette l’evoluzione della società: dal superamento dell’antica nozione di “violenza carnale”, reato contro la morale, all’attuale concezione della violenza sessuale come reato contro la persona, fino alla definizione puntuale del consenso come condizione imprescindibile.
Determinante, in questo percorso, è stato anche l’orientamento della Corte di Cassazione, che negli ultimi anni ha prodotto pronunce fondamentali: dalla presunzione del dissenso quando il consenso non è esplicitamente espresso, al riconoscimento che una reazione tardiva della vittima non può essere assimilata a un assenso retroattivo.
Sentenze che hanno contribuito a orientare il legislatore verso una riforma considerata da molti necessaria. Troppi, infatti, i casi di abusi consumati in danno di donne non consenzienti o ridotte in condizioni di incapacità, episodi che hanno sollecitato un intervento normativo capace di segnare una svolta.
La nuova disciplina mette finalmente al centro la volontà della persona, affermando un principio semplice e inequivocabile: senza consenso, è violenza.
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